Il ristorante “La lanterna” di Amatrice

Aggiornamento 2020: Dopo il terremoto non ho più avuto il coraggio di tornare ad Amatrice.

Chi lascia la via vecchia per la nuova rischia un po’, si sa.

Ma non avevamo voglia di una cena a quattro portate: volevamo solo rifocillarci con un bel piatto di amatriciana visto che, per caso, ci siamo trovati al bivio di Amatrice proprio ad ora di cena.

Così abbiamo deciso di fermarci al primo ristorante aperto, “La lanterna”, proprio all’inizio del corso.

L’ambiente è quello freddo e informale delle trattorie: una manciata di tavoli in uno stanzone, il cameriere impegnato nella vendita dei tranci di pizza, vera risorsa del locale, l’impressione (poi rivelatasi errata) che avremmo dovuto aspettare parecchio, confermata da qualche allarmante recensione su Tripadvisor.

Incerta fra pizza e pasta all'amatriciana, opto per entrambe.
Incerta fra pizza e pasta all’amatriciana, opto per entrambe.


Ho tacitato lo stomaco che brontolava con un trancio di margherita, buonissimo.

Al secondo morso, si è avvicinato il cameriere e, più che prendere le ordinazioni, le ha predette: “Ovviamente volete l’amatriciana, no?”

Perplessi, abbiamo annuito: certo, era proprio la nostra intenzione, ma non ci sarebbe dispiaciuto vedere un menu, ponderare tre o quattro alternative, fingere di meditare una scelta e poi risolverci comunque per il piatto del posto.

Nell’attesa, ci siamo divertiti a monitorare il traffico di pizze: chi ne ordinava una teglia intera, chi ne portava via una decina di tranci, chi ne mangiava due uno sull’altro.

Le amatriciane sono arrivate velocemente, consolatorie già alla vista, bianche di pecorino e rosse di sugo com’erano. Mentre scattavo una foto per il blog, il cuoco mi ha apostrofato: “Scatta bene che questo piatto è un capolavoro. Non lo rovinare”.

La pasta all'amatriciana di Amatrice
La pasta all’amatriciana di Amatrice

La prima forchettata mi ha appassionato a metà: sugo ottimo, guanciale perfettamente rosolato, ma pasta troppo al dente. Poi non so cosa sia successo: o gli spaghetti hanno terminato la loro cottura nel sugo caldo o l’abbraccio del condimento li ha insaporiti, fatto sta che, da un certo punto in poi, l’insieme è risultato perfetto e il retrogusto un po’ piccante ha titillato a lungo il palato.

A spaghetti finiti il piatto era ancora pieno di condimento: non fare la “scarpetta” sarebbe stata prova di santità, non di educazione, e noi santi non siamo.

Con lo stomaco coccolato dal cibo, abbiamo pagato il conto non proprio economico (19 euro per due piatti di amatriciana, un trancio di pizza e una bottiglia d’acqua) e ci siamo riavviati abbastanza soddisfatti a casa.

Pubblicato da Benedetta Colella

Sono Benedetta, quarantenne aquilana innamorata del mondo. Per contatti e collaborazioni, potete scrivermi a benedettacolella(at)gmail.com