Le prime fonti scritte, di epoca longobarda, la danno già costruita sul colle, per onorare il vescovo di Brindisi, Leucio appunto, che, di passaggio da queste parti, uccise il drago che colonizzava la piana fra i due colli Ate e Toxa, impedendo l’unificazione e forse anche la vita.
Di leggende di fondazione l’Italia è piena, ma la cattedrale di San Leucio può vantare un reperto che chiude la bocca agli scettici: la costola del drago è lì.
Ed è un osso fossile con un’arcata di oltre due metri, posto vicino alla minuscola reliquia del dito di San Leucio.
La sproporzione è evidente e ha ricordato a tutti noi lo scontro fra Davide e Golia.
Pare che la costola disumana non sia mai stata fatta analizzare in laboratorio: perché mai rischiar di deludere la fantasia popolare?
Sono andata alla cattedrale di San Leucio spinta proprio dalla curiosità di vedere questa costola di dinosauro, di cui avevo avuto notizia leggendo il bellissimo “101 cose da fare in Abruzzo almeno una volta nella vita” di Luisa Gasbarri.
Non mi aspettavo una cattedrale così grandiosa in un borgo di medie dimensioni.
La facciata, un po’ schiacciata dal palazzo che la fronteggia, si vede bene solo dal lato: del resto, per accedere, bisogna affrontare la doppia scala laterale che innalza il portone della cattedrale di San Leucio.
POsizionandosi a perpendicolo all’altezza del rosone, invece, il portale viene escluso alla vista e l’ammirazione va tutta al rosone, che fu aggiunto assieme ad altri simboli sacri solo nel 1320.
E non è stato certo l’ultimo intervento, anzi! Gli atessani hanno manipolato più e più volte la loro cattedrale, secondo l’estro dell’epoca e secondo il gusto dei prelati che si sono susseguiti a capo della diocesi: ad esempio è novecentesco il grande fregio in ferro battuto che orna il campanile (a sua volta eretto solo nel Settecento) e che va a modificare dopo mille anni l’impatto visivo della chiesa. Nel 1935, poi, le aggiunte barocche sono state espunte secondo una idiosincrasia tutta abruzzese per l’arte dell’epoca.
La cattedrale di San Leucio, così, è cresciuta con la sua gente. Gli atessani di oggi amano i presepi? Ed ecco che due delle cinque, fastose navate sono ornate con piccole natività di fogge moderne (una, addirittura, è stata ottenuta con cozze, vongole e mitili) che passeranno prima o poi al Museo del Presepe.
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