Il ristorante “Cervo Bianco” a L’Aquila

Un gran genio del marketing, per salutare la nuova gestione di questo locale spazioso ma non bello, a due passi da un aeroporto che non decolla, ha proposto la serata “Cala la pasta”.

Il giovedì sera sarà così possibile assaggiare cinque diversi primi piatti, seguiti da arrosticini senza limiti, contornati da patatine e corredati da una porzione di dolce e da una bevanda a soli 20 euro.

La proposta è più scaltra di quel che sembra: la generosità sulla carne è solo sulla carta, perché al quinto piatto di pasta anche lo stomaco più allenato si arrende e tracolla.

Il desiderio frustrato di carne spingerà il cliente, peraltro soddisfatto dal cibo, a tornare ulteriormente per gustare le specialità alla brace.

Ci sono poi i “falliti del giovedì”, quelli che vorrebbero tanto partecipare all’evento, ma la prima settimana del mese non possono, la seconda lo dimenticano, la terza non vogliono, la quarta hanno un impegno e la quinta, demoralizzati, cedono al desiderio e si recano al locale in un giorno in cui i prezzi non sono calmierati.

Mio marito ed io apparteniamo a quest’ultima categoria. Arriviamo al “Cervo bianco” di venerdì sera, autoconvincendoci che la perdita di potenziale economico sia controbilanciata dalla possibilità di assaggiare il ricco antipasto, esaltato su Tripadvisor per qualità e quantità.

La scelta non ci delude.

Prima che la lunga teoria di antipastini abbia inizio, ci animano sentimenti contrastanti.

Io sono in un brodo di giuggiole per il nostro tavolo, fiancheggiato da due separè che ci isolano dal frastuono televisivo e creano uno spazio intimo e riservato. Mi è poi istintivamente simpatico Alessandro, giovanissimo chef calabrese dal baffo assassino e dal sorriso contagioso.

Sorriso e baffetto preludono, secondo mio marito, a una sonora scoppola sul conto, perché il menu è stato snocciolato a voce, senza nessun accenno ai prezzi.

La verità, come al solito, sta nel mezzo: 45 euro per due antipasti e due primi (e mezzo), senza vino ma con Coca Cola, sono di una fascia di prezzo leggermente superiore alla media.

La qualità del cibo, però, è di gran lunga positiva per cui nemmeno l’avaro della coppia ha mosso osservazioni all’arrivo del conto.

Esistono antipasti e Antipasti: quello del Cervo Bianco merita sicuramente la maiuscola.

Sono planati sul nostro tavolo in rapida successione undici contenitori, ciascuno dei quali ci ha strappato un sorriso di sorpresa.

Tra gli affettati, la standing ovation va ad un lonzino all’aceto balsamico di rara bontà. Nulla da eccepire nemmeno su un salame piccantissimo, ricetta esclusiva di Alessandro, che, insieme alle bruschette alla ‘nduja, rosse come il peccato e altrettanto piccanti, ha richiesto diversi bicchieri d’acqua per placare la sete.

Se i formaggi sono stati tutti buoni, la confettura che ha accompagnato la caciotta è stata davvero ottima. Nel piatto dei grigliati, invece, a fianco alle melanzane e alle zucchine, buone ma tradizionali, trionfava un’insolita mortadella grigliata che dovrò sperimentare anche a casa mia.

Il baccalà fritto è stato il benvenuto (non buttiamo certo via niente) ma forse stonava un po’ in una parterre tutta di carne.

I legumi, poi, mi piacciono particolarmente: ho fatto la parte del leone sull’insalata di farro e avrei voluto continuare a spadroneggiare anche con le lenticchie e i fagioli, ma soprattutto su questi ultimi si sono mosse le mire espansionistiche di Marco, che mi ha lasciato a bocca quasi asciutta (se così si può dire).

L’arrivo dei primi piatti ci ha trovato già provati dal lungo assalto degli antipasti.

Io, seguendo i suggerimenti su Tripadvisor, avevo scelto dei paccheri in trito di pistacchio insaporiti con speck e pomodorini. Il risultato è stato così gradevole a vedersi e, soprattutto, a mangiarsi che, nonostante la sazietà, non ho avuto pace finché l’ultima forchettata non è sparita fra le mie labbra. Necessaria, subito dopo, una cocacola digestiva perché ero talmente satolla da dover rinunciare anche al dolce, in maniera quasi eretica per una golosona del mio calibro.

Mio marito non è stato altrettanto fortunato perché i suoi semipaccheri alla pecorara non solo avevano un sapore più routinario, ma si sono rivelati anche parecchio pesanti (del resto, l’abbinamento fra ricotta e guanciale non è certo raccomandato nelle diete disintossicanti).

Quando ormai eravamo arresi e aspettavamo solo che ci tornasse il fiato per chiedere il conto è arrivato sul tavolo un “sombrero”. Questo raviolone alla carne, condito con funghi e manzo, avrebbe meritato onori maggiori, ma, ormai estenuati dal cibo, lo abbiamo sbocconcellato senza voglia proprio in virtù della sua bontà.

Quali siano stati gli effetti sulla mia digestione si evince dall’ora stessa in cui scrivo questo resoconto: le 2.25. La sveglia suonerà tra quattro ore.

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Sulla pagina Ristoranti e Pizzeria trovi l’elenco completo di tutti i ristoranti che ho recensito.

Pubblicato da Benedetta Colella

Sono Benedetta, quarantenne aquilana innamorata del mondo. Per contatti e collaborazioni, potete scrivermi a benedettacolella(at)gmail.com

Una risposta a “Il ristorante “Cervo Bianco” a L’Aquila”

  1. Siamo tornati qui il 9 dicembre per il compleanno di Gianfranco. Abbiamo mangiato benissimo! Aggiungo una nota di merito alle carni squisite e mi riprometto di tornarci presto per assaggiarle ancora e fotografarle per voi.

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