È la stessa Claudia Koll che…
La domanda si interrompe a metà, non per una preterizione insinuante, ma perché il cuore si rifiuta di denigrare un’artista che si offre con tanta sincerità e semplicità alla curiosità dell’uditorio.
Non sono la sola ad essere qui, in un prato a 1150 sul livello del mare, in un luogo, San Pietro della Jenca, reso sacro dalla predilezione di un santo, papa Giovanni Paolo II, spinta dalla curiosità più che dalla fede.
Mi sento un personaggio manzoniano fra i più vili, uno di quegli anonimi convitati che affollarono la casa dei parenti dell’ucciso per assistere con tracotanza all’umiliazione di fra Cristoforo e che furono invece toccati dall’umiltà di chi fu superbo, dalla bontà di chi fu quantomeno egocentrico.
Le parole di Claudia Koll, a non parlare dello sguardo, esprimono gioia, non certo rimorso.
Ha fatto i conti col suo passato, lo ha accettato come prodromico ad una conversione che, rivoluzionando il suo modo di vivere, ha dimostrato quanto nell’egoismo si annidino dolore, frustrazione, insoddisfazione, e quanto la vera felicità consista nel sentirsi parte di un Progetto più grande, che trascende le singole individualità per farsi Chiesa.
Non è stato semplice per lei trovare un compromesso con il mondo spesso corrotto dello spettacolo. L’incompatibilità era evidente: fiction, film, teatro offrono una ribalta al Male.
D’altra parte, il Bene non fa storia.
Claudia Koll, però, non voleva essere più “strumento del Maligno” nel propagandare uno stile di vita amorale: per questo per lei, formatasi alla scuola americana (secondo cui recitare significa vivere in prima persona i sentimenti dei personaggi), non era più possibile interpretare ruoli da amante, da ricattatrice, da violenta.
E allora?
Che fare allora?
Forte della lettera di Papa Giovanni Paolo agli artisti, si è fatta promotrice di un nuovo modo, più sano, più etico, di intendere lo spettacolo e si è fatta docente di recitazione prima, direttrice artistica poi, alla Star Rose Accademy, tentando parallelamente un’interpretazione più cristiana di molti copioni.
Piccoli indizi mostrano il suo grande cambiamento: l’omaggio alle vittime del nostro terremoto, l’empatia con la sofferenza dei familiari e con il lutto della città, il dono a tutti di quella medicina che fa bene al cuore definita da papa Francesco “Misericordina”(ossia il testo di una preghiera bellissima), l’abbraccio concesso a chiunque si sia fermato a salutarla dopo la testimonianza, anche a me che, dimostrando di non aver capito molto della lezione di vita e spiritualità da lei impartita, le ho chiesto una foto come una VIP-watching qualsiasi.
Claudia Koll, in questo terzo incontro dei “Giardini Letterari”, non si è risparmiata: ci ha esortato a non vivere una cristianità “diluita”, ma a portare con noi sul lavoro e nella vita privata le nostre convinzioni religiose, ci ha coinvolto nei mille progetti di beneficenza che la vedono protagonista, ci ha insegnato a rivolgerci a Dio per aiuto e conforto.
Nel frattempo, in maniera del tutto incongrua e totalmente spiazzante per una cinofoba come me, il suo inseparabile cagnolino scorrazzava per il prato ricevendo carezze da tutti tranne da me.
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