La Valle e l’Eremo di Santo Spirito a Roccamorice (PE)

L’Eremo di Santo Spirito sorprende sempre.
Potete compulsare guide turistiche e travelblog per ore: nulla vi preparerà alla rarefatta atmosfera incantata che vi avvolgerà all’arrivo.
Il motivo è semplice: il viaggio è di per sé un’emozione, così forte e intensa da azzerare nella mente il pensiero della meta. Quando si arriva, la meraviglia è data dal contrasto fra due panorami e due concezioni opposte di natura.

Una valle incantata
La Valle di Santo Spirito, preannunciata da un cartello bilingue, è solcata da una strada che il navigatore satellitare non conosce.
Ci si inoltra, così, senza preparazione.
La coltre d’alberi crea un tunnel fitto, che chiude lo sguardo entro la moquette delle foglie.
L’effetto è addirittura moltiplicato ad ottobre, quando il foliage impazza e il rosso degli aceri campestri, l’oro delle betulle e il verde dei sempreverdi, con le loro infinite nuances, ipnotizzano lo sguardo.
A sinistra, la pietra bianca della Majella; a destra, il bosco fitto di un altro monte che si congiunge con un canyon a quello che attraversiamo.
Poi, senza preavviso, la strada impenna a sinistra e muore in uno slargo.

L’Eremo di Santo Spirito
Ricompare il cielo, riappare il prato, lo sguardo torna a guardare l’orizzonte.
Ma…è pietra o è marmo, è arte o natura la costruzione che si vede in fondo?
Dove finisce la roccia, dove comincia la chiesa?
Chi può corre verso l’ibrido spettacolare che si para imprevisto davanti agli occhi.
Trovare aperto l’eremo di Santo Spirito a Majella non è scontato: i periodi dell’anno e gli orari in cui la chiesa è presidiata sono davvero esigui.
Noi abbiamo trovato aperta la Chiesa, ma in chiusura la biglietteria che veicola l’accesso alla porticina laterale.
Da lì sarebbe stato possibile accedere al pertugio che, addossato fra roccia e chiesa, permette l’accesso all’eremo e alle verziere, una sorta di serre d’altura: è stato scavato colpo dopo colpo da esperti scalpellini nel 1585.
Torneremo a percorrerlo.
Adesso possiamo consolarci solo varcando la “porta Celi” (sic!), piacevolmente intarsiata, e immergendoci nella spiritualità di una chiesa il cui unico ornamento è la maestosità della nuda pietra.
Non siamo eremiti come Pietro da Morrone, che qui stette in preghiera qualche anno prima dell’innalzamento al soglio pontificio, ma dopo una giornata all’eremo di Santo Spirito lo spirito si è rinfrancato anche a noi.

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Pubblicato da Benedetta Colella

Sono Benedetta, quarantenne aquilana innamorata del mondo. Per contatti e collaborazioni, potete scrivermi a benedettacolella(at)gmail.com