Il fantasma di Mussolini a Villa Carpena

Created with Nokia Smart CamUn attimo prima di una probabile crisi di nervi, è comparsa, tra una serie di casali tutti simili e tutti equidistanti nel nulla, nell’assenza totale di indicazioni, la dimora dove visse Mussolini all’apice della sua potenza, Villa Carpena.

L’umore pre-visita non è dei migliori: qualcuno minaccia di non volerci nemmeno entrare, nel covo del fascismo, mentre io ardo di curiosità, convinta come sono che ogni fenomeno vada analizzato dall’interno e nella quotidianità.

Né aiuta l’accoglienza, un po’ burbera un po’ diffidente.

“Di dove siete?” ci apostrofa al di là del cancello chiuso la custode.

“Di L’Aquila”, rispondiamo educatamente.

“E’ vero che si sono salvate dal terremoto solo le costruzioni fasciste?” ci domanda come se fosse una parola d’ordine.

Panico.

“No, non è vero, ma non è neppure del tutto falso” azzardo con la massima diplomazia possibile.

Il portone si apre, il sorriso si schiude sul suo volto prima arcigno: non siamo nemici, non veniamo a dissacrare. Non siamo neanche amici, a dire il vero, ma evito di professarlo apertamente.

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Nel parco fervono i preparativi: si è in procinto di festeggiare il compleanno del Duce e si prevede l’arrivo di centinaia di simpatizzanti per pranzare tutti insieme in memoria dei bei tempi andati.

Verrà anche il canonico X, quello che, non potendo più indossare la camicia nera, l’ha allungata e l’ha resa tonaca.

Già c’è, lucida, scattante, decisissima, un’anziana che fu tra le prime miliziane di Salò e che ci racconta, come se fosse successo ieri, di quando il Duce la accarezzò di carezza paterna, soggiogandola a sé tanto che ha affrontato sessant’anni di diffidenze ed emarginazione pur di portar fede all’ideale.

E c’è una ragazza di forse vent’anni, francese, che ascolta con un registratore in mano perché sta preparando una tesi di Storia Contemporanea alla Sorbona e che ci spiega in italiano incerto come siano rigogliosissimi oltralpe gli studi su un ventennio che, invece, in Italia, si liquida con poche formule e tanta ostilità.Created with Nokia Smart Cam

In attesa di una guida per la visita della villa, siamo lasciati liberi di gironzolare nel parco, ampio ed intimo; oltre al gazebo in cui Mussolini si isolava per leggere i quotidiani, oltre agli alberi che lui stesso piantò per festeggiare la nascita di ciascuno dei figli, oltre all’utilitaria che guidò donna Rachele (una scassatissima 127) mi ha colpito un curioso cimelio: un enorme masso staccatosi dal Fujiyama, vulcano sacro ai giapponesi, e regalato al duce dall’imperatore Hirohito. Avrebbe il dono di catalizzare forze magnetiche positive e di donare energia. Su quel sasso ho stazionato, senza beneficio alcuno a dire il vero, per un quarto d’ora almeno, riflettendo sulla forza delle convinzioni, per cui una roccia di svariati chilogrammi è stata trasportata per mezzo mondo e considerata dono imperiale in base a semplici suggestioni.

Migliaia di zanzare ci martirizzano le gambe, per cui l’arrivo della guida, che ha preso un permesso dal lavoro per guidarci alla scoperta della casa dei ricordi, è accolta con entusiasmo..

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Mi colpisce davvero l’umiltà della casa, funzionale sempre, lussuosa mai: lo stesso pavimento che, negli stessi anni, i miei bisnonni scelsero per la loro casa a Corfinio, la stessa sveglia con gallina che aveva nonna Concetta, suppellettili molto simili a quelle che hanno arredato le case di chi ha vissuto durante la seconda guerra mondiale, centrini all’uncinetto, foto incorniciate dei membri della famiglia, su ciascuno dei quali la guida è stata prodiga di aneddoti e ricordi.

Sul comodino di una camera ci sono ancora gli occhiali che dimenticò Sofia Loren quando soggiornò qui in occasione del matrimonio della sorella.

Per ultimo ci viene svelato il talamo dei coniugi Mussolini.

Il fantasma di Mussolini ci guarda torvo nello specchio.
Il fantasma di Mussolini ci guarda torvo nello specchio.

La camicia da notte di lei e la divisa che indossò lui il giorno in cui i partigiani lo giustiziarono sono stesi sul letto, pronti per essere ancora indossati. E qui, con riverente compiacimento, la guida ci sussurra: “Lui è qui. Ci sta guardando” e ammicca allo specchio.

Il fantasma di Mussolini alberga lì, nell’ombra appannata dello specchio. Ed effettivamente par proprio di vederlo, occhiuto e mascelluto, a protezione della sua casa.

L’ultimo piano di Villa Mussolini è dedicato al centro studi ed è stato completamente affrescato con immagini propagandistiche e motti fascisti. Tra i tanti, uno mi ha colpito così tanto che ne ho fatto il mio mantra: “non far del male, ché è peccato; non far del bene, ché è sprecato”.

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Pubblicato da Benedetta Colella

Sono Benedetta, quarantenne aquilana innamorata del mondo. Per contatti e collaborazioni, potete scrivermi a benedettacolella(at)gmail.com

2 Risposte a “Il fantasma di Mussolini a Villa Carpena”

  1. Ti ho vista lì tra zanzare e suggestioni, specchi e motti (mantra).
    Alla fine della lettura (divertita in modo particolare dalla camicia da notte accanto all’uniforme!) mi sono resa conto, di quanto forte sia il potere del credere (la carezza di LUI, il suo fantasma presente nello specchio) e di quanto il credere sia personale e spesso risolvente!
    Sono certa (questo è il mio credere…) che la pietra dell’imperatore non sia stata in grado di renderti partecipe dei suoi benefici influssi’ perché ‘ ti ha sentito ‘restìa’…
    (N.B. : Bella anche la camicia nera-tonaca!)

    1. Grazie del divertente commento. Pensa quanto ci saremmo divertite a stazionare insieme
      sulla magica pietra!

I commenti sono chiusi.