Incontro con Giulia Alberico

Created with Nokia Smart CamGiulia Alberico è stata scoperta a cinquant’anni da donna Elvira Sellerio.

Da allora non c’è nulla di lei che non abbia letto e amato: questa autrice, che inspiegabilmente non ha conquistato ancora le vette delle classifiche di vendita, non manca mai di far suoi i cuori dei lettori che si imbattono nelle sue storie.

Conoscerla davvero nell’ambito della manifestazione Libri come è stato in parte una delusione, in parte un incoraggiamento.

Tra tanti autori sicuri di sé e a proprio agio con il microfono in mano, Giulia Alberico si muove come un pulcino nella stoppa e sconta evidentemente il fio di due irredimibili peccati originali: la provincia e la professione.

Giulia Alberico con Patricia Chendi, editor di Sonzogno

Giulia Alberico è una professoressa: si capisce dalle prime battute per quel tono un po’ aspro di chi non è avvezzo al contraddittorio e per il riferimento insistito e spesso fuori posto al programma ministeriale, agli alunni, alle lezioni. L’accompagna e introduce una collega, che radicalizza la sgradevole sensazione di stare in classe durante l’ora di italiano.

La presentazione del libro è condotta come un’analisi testuale spiegata ad un pubblico di quindicenni. Quando gli organizzatori della manifestazione avvertono che il tempo a disposizione è scaduto, l’autrice, come appunto ogni prof al suono del campanello, conclude frettolosamente il discorso, si alza e va via.

Giulia Alberico è una provinciale: tanti anni a Roma non hanno cancellato l’imprinting di San Vito Teatino, il buen ritiro di tanti suoi personaggi, il paese avito sul mare che è scrigno delle proprie radici.

Created with Nokia Smart CamParlano dell’Abruzzo il vestito buono indossato per l’occasione, la collana di perle, i capelli freschi di parrucchiera, l’aspetto generale di grande spolvero. Non si usa più così: oggi gli scrittori millantano un sovrano e artificioso disinteresse per gli incontri con il pubblico. Fra jeans, felpe, barbe di due o tre giorni e capigliature trash, il bon ton di Giulia Alberico stona come un abito da sera in un refettorio.

Quei modi garbati, quel sorriso ansioso rivolto a tutti, il saluto grato, ma non spontaneo, a tutti gli amici presenti fanno parte di un galateo del passato che sopravvive nei nostri borghi, ma che nel contesto di Libri come ha un retrogusto di naftalina non del tutto piacevole.

In questo conflitto irrisolto fra la timidezza del provinciale e la spocchia del professore si è svolta la presentazione di Un amore sbagliato.

Ed io, che condivido con lei la doppia tabe e son giudice severo perché riconosco nei suoi i miei difetti, fremevo nel percepire tutto ciò e avrei voluto urlarle: “Scuoti la testa, via quella messa in piega, togli quel foglio degli appunti! Tu sei Giulia Alberico, qui tutti ti amiamo!

Tu sei la contadora, come ti hanno definito affettuosamente i lettori spagnoli, conosci l’arte del raccontare. Sai imbastire su una frase carpita per caso in metropolitana una trama appassionante, sai far interagire i personaggi fino a regalar loro un’anima…che ci importa del nome della flora che compare nel romanzo? Nel tuo piccolo terrazzo, ci racconti, curi le piante come antidoto alla sgarberia quotidiana. È più emozionante questo lampo sulla tua vita della lista pedante di ogni albero o frutto citato in Un amore sbagliato.

“Nessun amore è sbagliato” dichiari convinta. E allora perché non ci parli di questo piuttosto che dilungarti sull’analisi dei tempi?

Come ti viene in mente di far leggere ai tuoi attori le righe finali della storia, in cui si svela parte della trama?”

Lo chiedo, ma so bene la risposta: a scuola si fa così.

Pubblicato da Benedetta Colella

Sono Benedetta, quarantenne aquilana innamorata del mondo. Per contatti e collaborazioni, potete scrivermi a benedettacolella(at)gmail.com

2 Risposte a “Incontro con Giulia Alberico”

  1. Potrei dire le stesse cose espresse ” liberamente” di come si presentano al pubblico giornalisti, politici ecc, più o meno naturalmente ” vestiti” delle funzioni che rivestono a contatto con la gente. Siamo quello che siamo, per origini ( da non dimenticare), per cultura, per scelte ed occasioni di vita professionale realizzate e non. Il mestiere di ognuno e’ sempre il risultato di un percorso di vita che ci contraddistingue e per fortuna ci rende diversi l’uno dall’altro. E allora il tocco personale e’ quello che fa la differenza e la scrittura è sempre un banco di prova che mette a nudo l’anima, le parole che non amano fortunatamente pregiudizi e che in una vera scrittrice non hanno bisogno di essere confuse con “il vestito dell’apparenza” dove anche la descrizione e’ fine a se stessa.

    1. Ho riletto più volte il mio post, alla ricerca di quel che, nel tono o nelle parole, possa essere risultato offensivo. E non l’ho trovato. Laura, io sono d’accordo con tutto ciò che dici: l’apparenza è altro dalla sostanza, la Alberico, che è una grandissima scrittrice, mette a nudo anche l’anima dei lettori nei suoi libri, c’è un vissuto che non si può conoscere e men che meno valutare. Verissimo, e ti ringrazio di averlo ribadito. Penso che sia nel mio diritto di lettrice, però, confrontare l’immagine idealizzata con quella reale, non sgradevole né sgradita, semplicemente diversa da quel che mi aspettavo. L’articolo è un po’ frivolo? Ti confesso che la frivolezza è una mia ambizione. Ti ringrazio molto per il tuo intervento.

I commenti sono chiusi.