Il lago di Paterno (RI)

Il lago di Paterno è scivolato nell’oblio.

A vederlo così grazioso, sotto gli ultimi raggi di settembre che lo illuminano e lo ingentiliscono, viene da meravigliarsi dell’assenza, tutt’intorno, dei turisti della domenica.

La spiaggetta e, sulla collina, la villa di

Movimento ce n’è, blando ma continuo: un giardiniere pota un albero sulla riva, una famigliola sparecchia i resti del picnic organizzato nell’apposita panca, due bambine si rincorrono, un’altra, più spericolata, toglie il vestitino e si butta felice in acqua sotto lo sguardo sereno della mamma.

Tra me e me vado in ansia: fa troppo freddo, il lago è troppo profondo, il sole settembrino è traditore.

Maturo la decisione di avvicinare la mamma, che non sa, non può immaginare la profondità insolita (52 metri) di questo specchio d’acqua dall’apparenza così tranquilla, quando la bimba riesce mano nella mano col papà sommozzatore.

Ho evitato per un soffio una brutta figura da impicciona.

La Villa di Vespasiano a Paterno e il borgo sovrastante

Il problema è che il lago di Paterno per chi ama il mondo classico è un luogo fortemente evocativo. Dai latini era considerato umbilicus Italiae, l’ombelico del mondo di allora, non solo perché al centro esatto della Penisola.

Sulle sue sponde sorgeva infatti la villa dei Flavi: da qui veniva l’imperatore Vespasiano, qui tornava Tito a riposarsi quando il taedium regni lo gravava troppo.

I resti sono ben visibili a mezza montagna, raggiungibili tramite un sentierino ripidissimo se imboccato, come abbiamo fatto noi, alla prima indicazione stradale, molto più comodo verso il paese di Paterno, un borghetto sulla cresta ben tenuto e quasi disabitato.

Siamo saliti fin lì alla ricerca di un belvedere sul lago, ma non abbiamo trovato scorci significativi.

Non c’è enfasi sulle acque: anche la circumlacuale viene ben presto inghiottita dai canneti e perde


Non c’è enfasi sulle acque: anche la circumlacuale viene ben presto inghiottita dai canneti e perde ogni contatto con il lago.

Il lago di Paterno e la sua maledizione

Con questo sole, però, sembra difficile credere alla sua maledizione: nonostante sia assolutamente privo di inquinamento, il lago Paterno, dicono, non produce flora e fauna autoctona.

Le paperelle che lo animano non sono nate qui.

L’ultima volta che siamo venuti non c’erano loro né il punto picnic né questa giornata beata che ingentilisce tutto. E allora, quando le ombre del cielo gareggiavano con quelle degli alberi nello scurire le acque del lago, provammo una soggezione difficilmente replicabile.

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Pubblicato da Benedetta Colella

Sono Benedetta, quarantenne aquilana innamorata del mondo. Per contatti e collaborazioni, potete scrivermi a benedettacolella(at)gmail.com