C’è un’unica sala, che può ospitare una quarantina di coperti e che è organizzata proprio come la piazza di un paese: sui muri sono disegnate finestre, porte d’ingresso (con tanto di chiavi a vista secondo l’uso paesano del secolo scorso), un belvedere con improbabile sfondo marino e via dicendo.
Qui il baccalà la fa da padrone: tra Sant’Omero e la Norvegia c’è una corsia preferenziale e proprio dalla Val Vibrata la famiglia Monti ne gestisce l’importazione in tutta Italia.
Il baccalà di “La piazzetta”, va detto, è sublime.
L’antipasto iniziale, in particolare, è stato un crescendo di delizie.
Fortunatamente, tutto era porzionato e impiattato personalmente: non amo i grandi vassoi collettivi da cui, per educazione, mi servo sempre meno di come vorrei.
Qui, quel che vedete era tutto per me.
Il tris di freddi, per cominciare bene: sono partita dal tenerissimo baccalà allo zenzero, per poi gustarlo cotto a vapore e sommerso da sottilissime listelle di mela rossa dei Sibillini. Ottimi entrambi, ma il terzo assaggio, ingentilito da rucola, fragole e aceto balsamico, mi è piaciuto ancor di più.
Se però dopo il pranzo ho setacciato tutta Sant’Omero per acquistare baccalà già ammollato, è perché mi sono assolutamente innamorata di una ricetta portoghese che proverò a riprodurre a casa: il baccalà alla braz, sminuzzato con pezzetti di patatine fritte e dorato con una buona dose d’uovo. L’aspetto prima e il sapore poi sono stati così entusiasmanti che l’ho finito prima di ricordarmi di scattare una foto per il blog.
Non ho fatto lo stesso errore con il minihamburger di baccalà, ravvivato con uvetta, capperi e scarola. Avete presente il McFish di Mc Donald? Ecco, dimenticatelo. Dopo aver assaggiato questo, non si potrà più tornare indietro.
Tripudio anche per i miei ravioli al baccalà, insaporiti dalla più semplice e buona salsa al pomodoro fresco che riuscite a immaginare!
A Marco, che ha preferito un secondo piatto e si è fatto attrarre dal baccalà in umido con patate, non è andata altrettanto bene, o ameno, il pezzo che ho assaggiato io era talmente spinoso da risultare quasi fastidioso.
I dolci, pur essendo piacevoli, non hanno raggiunto quei vertici di bontà a cui la chef Roberta Nepa ci aveva abituato: il mio tiramisù era troppo pastoso, la pizza dolce di Marco, al contrario, aveva poca crema per i nostri gusti.
E il prezzo, 60 euro per 2 antipasti, 1 primo, 1 secondo, 2 dolci e 1 cocacola, sarebbe potuto essere più contenuto.
Aggiornamento 4 agosto 2018: Stessa qualità più che convincente, con nota d’encomio per certi gnocchi con bottarga di baccalà e scorzette di agrumi della stessa sostanza dei sogni. Sul prezzo non ho certezze perché ero ospite di amici, ma da quel che ho sbirciato sembra rimasto invariato.
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