Certo, la valorizzazione sarebbe più semplice se i prezzi fossero un filino più bassi.
Noi, in quattro, abbiamo speso 110 euro per 4 antipasti, 4 primi, 2 secondi, 2 tiramisù, 1 contorno, svariate bottiglie d’acqua e una bottiglietta di cocacola. E questo è l’unico punto a sfavore: sul resto (ambiente, cortesia dei gestori, qualità dei cibi) davvero non c’è nulla da obiettare.
Del piatto di salumi e formaggi ho apprezzato tutto, ma principalmente la caciotta con carbone vegetale e una meravigliosa lonza con maiale nero di Vittorito che sarebbe stata prodromica a una magnifica grigliata, superbo secondo.
Ma andiamo con ordine, anche perché la tenerezza dei carciofi di La tana del rosso è difficile da provare (e infatti per contorno ne abbiamo chiesto e ottenuto un nuovo assaggio).
Oltre gli affettati, dunque, già porzionati nei piatti, l’antipasto ha previsto anche peperoni, olive, ricotta fresca e verdure grigliate. Grande assente, un piatto caldo che favorisse il passaggio ai primi.
La tana del rosso ha il culto della pasta fresca, appena ammassata. E i ravioli alla ricotta con pesto di mandorle, noci e pistacchio che hanno estasiato i miei cognati si trovano difficilmente altrove. Gratitudine infinita per Pamela, che me ne ha regalato uno, il cui sapore rimarrà a lungo impresso nella mia memoria.
La mia chitarra con zafferano e ricotta affumicata era arricchita da scaglie di profumatissimo tartufo ai quattro lati del piatto: il risultato è stato un mix di delicata raffinatezza.
Siccome l’erba del vicino è sempre più verde, avrei però barattato volentieri il mio piatto con il gusto più deciso di quei meravigliosi ravioli.
Con nulla al mondo, invece, avrei cambiato la mia mezza porzione di carne.
Grande protagonista il maialino nero di Vittorito, presentatoci in forma di guanciale, braciola e salsiccia. Non so dirvi quale opzione sia stata migliore in questo tris di perfezione.
Si aggiunga, poi, una finezza tipica del ristorante La tana del rosso: il sale non è distribuito sulla carne, ma presentato a parte in tutte le declinazioni possibili. In un vassoietto, infatti, ce ne sono di tutti i colori: rosa, nero, grigio, affumicato, bianco. Avrei avuto voglia di sperimentarli tutti, ma la carne era perfetta così com’era, al naturale.
Infine, il tiramisù. Per la prima volta nella mia vita, l’ho assaggiato con una base tipo cantuccini e non mi è piaciuto particolarmente (ma dopo quella carne nulla sarebbe stato apprezzato).
I proprietari ci hanno congedato con liquori e digestivi, generosamente offerti e mai così necessari. Torneremo.
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