Il parcheggio è sempre pieno, e a ragione.
Il locale controlla infatti un piccolo promontorio sul lago: sull’erba tagliata di fresco sono sistemati, con congruo spazio, allegri tavolinetti con sedie colorate.
L’insieme è irresistibile.
Infatti abbiamo lasciato in macchina i panini preparati da casa in prospettiva di un picnic e abbiamo consumato allo Chalet Lago Chiaro un pasto in tre.
L’obiettivo non era il cibo, infatti, ma la suggestione del luogo, quel connubio magico fra natura e cultura che ha suscitato la nostra viva ammirazione.
Una pioggia di pollini, per noi che non ne subiamo gli effetti, ha accresciuto il fascino dell’insieme.
Il pranzo è stato molto più gradevole e molto meno caro di quanto avevamo temuto.
Il ricco tagliere di antipasti, posizionati su una stampa plastificata che richiama i giornali in cui un tempo si avvolgevano anche i cibi (grafica, questa, da noi non particolarmente gradita, a dire il vero), è stato appagante: in una barchetta di carta oleata navigavano, ben calde, le verdure grigliate, di grande impatto cromatico, su una foglia biancheggiava una mozzarellina di bufala, un piccolo pezzo di frittata filante con la pancetta vivacizzava l’insieme, salumi e formaggi non sfiguravano affatto.
Per me ho scelto tonnarelli con sugo bianco di trota. Se la porzione fosse stata di una ventina di grammi più abbondante sarei stata davvero soddisfatta, perché la pasta all’uovo era cotta al dente e insaporita più di quel che la foto e la ricetta parrebbero suggerire.
La trota fritta di Marco era presentata secondo le tecniche dello street food, su cestello con la solita pseudocarta di giornale, in quattro o cinque pezzi tutta polpa che, mangiati caldi, hanno sprigionato tutto il loro sapore.
Dopo pranzo, lo Chalet Lago Chiaro si è riempito di turisti che, con la scusa di un gelato o di un caffè, hanno potuto godere, come noi, dello spettacolo sempre nuovo del lago e della gran quantità di gallinelle d’acqua, anatre, folaghe che allegramente lo popolano.
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