L’agriturismo Fonte Maggio a Scerni (CH)

Created with Nokia Smart CamSe dovessi disegnare la mia casa ideale, il risultato sarebbe assai simile all’agriturismo Fonte Maggio, in cui domenica 9 novembre 2014 abbiamo festeggiato i sette anni di Giulia, l’amata comaruccia di Vasto.

È una struttura prevalentemente a un solo piano, con tante portefinestre su un prato ben curato che, dopo ampio raggio, cede il posto a siepi di ogni tipo, dietro le quali brillano nel sole olivi carichi di frutti. Sullo sfondo, la placidità del mare ci ricorda che siamo in collina, nell’ubertoso entroterra vastese.

Siamo tredici in tavola, ma è difficile trovarci seduti tutti insieme: le bambine smozzicano qualcosa e tornano a scorrazzare fra le altalene, gli adulti, con il pretesto di controllarle, si concedono passeggiate nell’assolato viale privato.

I gestori di Fonte Maggio giocano d’attacco. Appena ci sediamo irrompono sul tavolo gli antipasti, tutti insieme.

Non sappiamo più dove mettere i piatti da portata.

Siamo bombardati da formaggi, salumi, verdure, bruschette.

É un affannoso riempirci i piatti per dar modo di sparecchiare; per fotografare tutto ho avuto bisogno dell’aiuto di Concetta perché da sola non avrei potuto immortalare ciascuna portata prima che fosse divisa fra i commensali nel tentativo di impilare i piatti.

È una tattica, e funziona bene.

Al termine dell’antipasto, restiamo sazi e confusi senza aver chiaro che cosa abbiamo mangiato. Rivedendo le foto, i commenti più frequenti sono: “Ah, c’erano anche le verdurine sottaceto!” “ Uh, mi ero dimenticata i fegatini!” “ Toh, quest’altro piatto non me lo ricordavo proprio!”

Paragonando questa esperienza ad altre ugualmente piacevoli, la differenza di fondo è proprio questa: altrove si dà il tempo di degustare quel che qui si ingurgita.

Le bruschette con (poco) pomodoro e una sorta di pizza bianca dolce sono l’unico coperto: il pane comparirà sulla tavola solo con gli arrosti.

Per questo, il companatico non terrà fede al suo nome. Ci sono gli insaccati, su cui trionfa la ventricina, specialità locale fatta di carne di maiale mischiata a paprika, che a me non piace particolarmente, ma che per tutti è il punto di forza di una cucina, quella dell’Alto Sangro, che simpatizza molto con le spezie piccanti. Anche il prosciutto e il salame locali sono diversi, nell’aspetto e più ancora nel sapore, dallo standard nazionale.

Sono carni magrissime: non un filo di grasso, non un po’ di sale. Io preferisco la dolcezza del prosciutto nostrano, di tradizione norcina e amatriciana, ma anche questo vastese si fa mangiare con piacere.

Delicatissimo il sapore dei formaggi, una ricottina e un primosale cosparso di miele e, tocco di classe, cesellato da una nocciola che dona al tutto un sapore originale.

Piacevoli e rinfrescanti, le zucchine sottolio, con una punta di aceto a rinvigorire il sapore, vivacizzano l’armonia del cacio.

Ci sono poi pezzi di una frittatina sottilissima, con le verdure, che probabilmente sarebbe stata squisita ben calda, ma che, freddina come è arrivata sul tavolo, non rende onore allo chef.

I ceci con il sedano, serviti in terrina di coccio che ne accentua il gusto, sono di mia esclusiva competenza: cucchiaiata dopo cucchiaiata, vedo assottigliarsi il volume dei legumi, mentre nessuno bada a me perché il contemporaneo arrivo dei fegatini d’agnello (che a me non piacciono) rende gli altri parecchio euforici.

Infine, immancabile nella zona del Sangro- Aventino, arriva il piatto preferito di Marco, le “pallotte cacio e ova”, polpettine composte di pecorino, parmigiano e rigatino (un formaggio locale introvabile già a L’Aquila).

Standing ovation per il primo: raviolini agli spinaci conditi con una ratatouille di verdurine da Created with Nokia Smart Camsvenimento. Gli undici nel mio piatto non mi bastano assolutamente: devo averne altri.

La necessità aguzza l’ingegno: quando la cameriera è tornata a proporre il bis, lo chiedo sia per me (e lucro ulteriori sei preziosissimi elementi) sia per mio marito, che si gode il sole sul prato dimentico dei piaceri dello stomaco. Inutile dire che anche quei sei scivoleranno nel mio piatto e da lì nella mia gola. Mai avrei creduto che il consorte si sarebbe sentito depauperato! Avrei dovuto lasciarglieli, secondo voi?

Created with Nokia Smart CamDel secondo primo, chitarra con il ragù, so poco perché ormai sono sazia.Created with Nokia Smart Cam

L’arrosto è abbondante, ben cotto, di prima scelta, ma resta tristemente nei vassoi insieme all’insalata. Solo per il dolce ci riscuotiamo. Arriva direttamente da Pannamore, la più famosa pasticceria di Vasto ed è un trionfo alle tre cioccolate su base di croccante al pistacchio che meriterebbe ben altro spazio per essere magnificato.

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E siccome viaggiare è scoprire anche nuovi sapori, vi prometto che mi sacrificherò al più presto direttamente in Pasticceria per assaggiare più specialità possibili.

Lo faccio per voi, amici.

Lo faccio per il blog.

Pubblicato da Benedetta Colella

Sono Benedetta, quarantenne aquilana innamorata del mondo. Per contatti e collaborazioni, potete scrivermi a benedettacolella(at)gmail.com