Gli abitanti di questo paesotto, ingiustamente disertato dalle guide turistiche e spesso anche dalle mappe geografiche, ogni anno mettono in scena se stessi e gli avvenimenti del paese.
La piazza si fa palcoscenico, i paesani diventano attori, registi, scenografi e, di fronte a un pubblico incantato, realtà e finzione si prendono a braccetto in un’esperienza irripetibile, che prima o poi mi riprometto di vivere.
I cipressi che avevano punteggiato la salita davanti alla porta d’accesso hanno lasciato spazio a un belvedere frastornante.
Fermi tra arte e natura, siamo rimasti un bel pezzo in contemplazione, poi abbiamo deciso di varcare le mura per raggiungere la chiesa principale.
Il centro, inibito al traffico, ci ha proiettato subito in un’altra epoca storica.
Il portone della chiesa, al termine di una maestosa scalinata a raggiera, prepara lo sguardo alla ricchezza dell’interno tutto affrescato, in cui è semplice riconoscere, fra gli altri, un grande San Cristoforo che protegge dal male.
Uscendo, chiediamo informazioni a una signora affacciata al balcone, che con posa regale ha declamato più che comunicato le bellezze e la veracità di Monticchiello per poi ritrarsi in casa, attrice lei stessa, lei stessa anima fra le altre di un borgo destinato a non morire mai.
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