Sul museo del carro antico di Paganica potrei sciorinare numeri da record: i 40 carri esposti ne fanno infatti il più grande d’ Italia.
Potrei anche deprecare l’indifferenza delle istituzioni, che non valorizzano un patrimonio così prezioso per la nostra storia.
Al di là, però, di vanterie e recriminazioni, il vero valore aggiunto del museo è l’entusiasmo inarginabile di Concezio Cacio, il proprietario.
Con lui, tutto si anima.

Le lamine in metallo raccontano di un fisco vorace che, dopo l’unità d’Italia, ha gravato i contadini di una tassa di circolazione in proporzione più alta delle nostre assicurazioni…e senza nessuna assicurazione!
Le grandi ruote testimoniano l’ingegno dei facocchi, gli artigiani che si occupavano della costruzione e che si ingegnavano a trovare soluzioni personali e avveniristiche ai problemi che di volta in volta si presentavano.
Concezio Cacio ha riprodotto all’interno del museo del carro antico la bottega del facocchio, con una serie di oggetti geniali nella loro semplicità.
Il fanale, per esempio: in assenza di lampadine, c’era una candela legata ad un congegno che la spostava progressivamente verso l’alto, mantenendo, così, la luce a un’altezza costante.
C’è anche il giogo, così detto perché occlude la giugulare del bue. Se oggi uscissimo con i carri esposti nel museo, la protezione animali interverrebbe dopo pochi metri.
Allora, invece, azionare la “mambrucca” per frenare era segno di grande progresso: nelle epoche precedenti, guidare un carro in discesa significava dotarsi di traversine e rassegnarsi a disporle metro dopo metro nelle strade in pendenza.
Per questo la differenza fra i carretti di pianura, leggeri e scattanti, e carri di montagna, complessi e pesanti, balza agli occhi e mostra il primato del carro di Paganica sui molti altri conservati nel museo.
Il blu e il rosso acceso dei più belli non ha motivi araldici, come pensavo, ma pratici: erano i colori più semplici da procurarsi. “Rusc e turchine, l’allegria di lu contadine“.
E un po’ di questa allegria, assieme a un commosso ricordo del passato e a una più viva consapevolezza dei vantaggi del progresso, resta nel cuore dopo la visita al museo del carro antico di Paganica
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