Incontro con Pino Aprile

WP_20150424_004Per la quinta volta nella mia vita, mi siedo ad ascoltare dal vivo Pino Aprile.

E per la quinta volta rimango stupita e affascinata.

Pino Aprile non si ripete mai: attinge ad un serbatoio di aneddoti, studi, letture pressoché infinito ed ha talmente tante frecce nella faretra che il suo discorso non si incanala mai su binari prestabiliti, ma scivola fluido dove opportunità e stimoli lo conducono.

Non sembrerebbe, a giudicare dall’eloquio: voce calda, parole ben scandite, periodare fluido ravvivato da qualche espressione in dialetto per sottolineare meglio un concetto o un’emozione. Sembrerebbe il copione di un attore, ma la stessa sicurezza e la medesima arguzia permangono quando risponde alle domande dal pubblico.WP_20150424_001

È attentissimo alle esigenze di chi lo ascolta: addirittura, interrompendo il suo discorso, si è alzato ad offrire la sua bottiglia d’acqua ad una signora vittima di un accesso di tosse.

Pino Aprile ci fa fremere.

Resuscita le corde dell’indignazione, intorpidite dalla rassegnazione.

E lo fa in incipit, con un esempio solo in apparenza lontano dalle nostre vite quotidiane.

Perché cento schiavi neri, nerboruti, forti, uniti, accettarono la sudditanza ad un Mr Smith qualsiasi, debole e fragile, ma bianco?

La risposta è meno banale di quel che sembra: perché avevano accettato la loro condizione, avevano svilito se stessi. In maniera forse un po’ ingenua, Pino Aprile è convinto infatti che i piccoli possono far crollare il sistema di pescecani che ci affama se solo prendono consapevolezza del loro numero e della loro potenza.

Nella legge della giungla che governa la nostra vita, si salvano i leoni, i forti, prepotenti leoni, ma anche le gazzelle, perché sono tante, veloci, divergenti. La metafora è di Pino Aprile e funziona solo in parte: non ho mai visto infatti leoni fatti a pezzi e sgranocchiati da gazzelle, mentre ho visto in migliaia di documentari gazzelle impaurite che solo nella fuga cercano, spesso invano, una via di scampo.

Il primo attacco che i leoni piemontesi, stolidi, iniqui, ma forti, sferzarono al resto dell’Italia fu ai danni dei sardi, sostiene Pino Aprile. Quando nel 1720 ottennero la Sardegna e trasformarono il ducato in regno, stilarono un “piano di colonizzazione” (sic!) ai danni degli isolani, che furono estromessi dai pubblici uffici, assoggettati a leggi monopolistiche paralizzanti per industria e commercio, privati delle loro ricchezze e spesso anche della dignità.

Dopo l’unità di Italia, non fecero altro che estendere il modello sardo all’Italia borbonica. Gli esempi con cui Pino Aprile rafforza il concetto sono tali e tanti che verrebbe voglia di imbracciare le armi e farsi briganti del XXI secolo.

L’idea che la questione meridionale sia figlia di quella sarda è in realtà gramsciana, ma il collegamento è stato poi dimenticato anche dai meridionalisti. I sardi, addirittura, durante le guerre mondiali avrebbero pagato il tributo più cruento in termini di vite umane, seguiti dai meridionali: quando si trattava di combattere, si mandavano reggimenti del Sud, quando bisognava riscuotere gli onori, arrivavano le truppe del Nord.

Ricordo bene quando, due anni fa, Pino Aprile, ospite del nostro liceo, ci incantò con l’esempio della Germania dell’Est, che ottenne le stesse infrastrutture della gemella occidentale in pochi anni, evitando così una “questione orientale”.

Poi, però, ha continuato a studiare la questione, che, ci confessa, gli ha tolto il sonno e azzerato le vacanze; stavolta ci ha svelato, con foga e disincanto, che la Germania dell’Est, capitalizzata, è diventata terra di conquista per i berlinesi occidentali, che hanno occupato tutti i posti di potere condannando alla povertà e all’emarginazione la controparte orientale che, prima della caduta del muro, non poteva, per statuto, conoscere la disoccupazione. Allora tutti lavoravano, fosse anche come guardiani di un albero (da ciò nacque la famosa boutade: “tu fai finta di lavorare, noi facciamo finta di pagarti”), e avevano un ruolo nella società. Oggi vivono di sussidi statali e, senza guadagnare in ricchezza, hanno perso in umana dignità.WP_20150424_002

L’argomento è sviscerato, con altri, nel nuovo libro, Terroni ‘ndernescional, presentato ieri nella storica libreria Colacchi di L’Aquila. Gli argomenti affrontati (dal petrolio al parco nazionale lucano, dall’assassinio di Pasolini a quello di Moro, dal G8 al brigantaggio) sono stati così vari, interessanti e intensi, che, impossibilitata a rendere conto di tutto in questo spazio, non posso che invitarvi a controllare l’agenda degli appuntamenti di Pino Aprile per precipitarvi ad ascoltarlo dal vivo.

Se hai gradito quel che hai letto, regalami un sorriso cliccando “mi piace” su questa pagina

 

Pubblicato da Benedetta Colella

Sono Benedetta, quarantenne aquilana innamorata del mondo. Per contatti e collaborazioni, potete scrivermi a benedettacolella(at)gmail.com

2 Risposte a “Incontro con Pino Aprile”

  1. Pino Aprile ha messo talmente tanta carne al fuoco che è difficile ricordare tutto.Ha collegato l’omicidio Matteotti con quello Moro con quello Pasolini legate a storie di Petrolio….ha detto che la Basilicata non riceve niente dallo sfruttamento dei giacimenti ma stranamente la sua classe politica è ben rappresentata al governo.Forse un po filone “complottista” che tanto va di moda su Internet.Pero’ consiglio la lettura di un suo libro di piu di 20 anni fa “Elogio dell’imbecille” che si riassume nella teoria :”Nel percorso gerarchico si sale fino al raggiungimento del proprio livello di incompetenza” che ci dice che ai vertici di qualunque struttura complessa la scuola , il governo, l’agenzia delle entrate, le poste, gli ospedali abbiamo sempre incompetenti se non imbecilli e di come l’imbecillità serva alla sopravvivenza del genere umano.Un esempio classico è la guerra , aggiungo io, che serve a limitare sovraffollamento del pianeta oltre a ricostruire quello che si è distrutto.Un classico esempio di imbecillità è costruire male in zone sismiche .Ma se l’umanità è arrivata a 7 miliardi di persone come detto la stupidità del genere umano non ne ha portato alla estinzione.Mi è piaciuto ricordare a Pino Aprile un grande e sfortunato giornalista di origini napoletane Gennaro de Stefano morto a soli 57 anni che lui assunse a Oggi.Fu protagonista della inchiesta sul delitto di Balsorano.Per lui il colpevole non era Michele Peruzza .Dette cosi fastidio alle autorità che dicevano aver risolto il caso che la polizia gli mise in macchina la classica bustina di droga.Si fece 2 mesi di carcere ma poi la verità venne a galla e il poliziotto colpevole fu arrestato.Ciao Gennaro RIP.

    1. Grazie, Gianfranco, per l’integrazione interessante e doverosa!

I commenti sono chiusi.