La natura, che fino a lì largheggia in boschi e prati, improvvisamente si fa ostile, aspra, selvaggia.
Pizzoferrato nasce lì, nell’intersezione fra queste realtà in opposizione, e si impone all’una e all’altra per la cura urbanistica del paese, che pare nuovo tanto è ben restaurato.
La bella piazza, il municipio, la chiesa, il fontanile appena discosto e le tante panche e panchine che ci parlano di vita all’aria aperta non sono frutto solo di una vocazione turistica in divenire, trasmessa quasi per osmosi dalla vicinanza con Roccaraso.
Qui passava la linea Gustav.
Qui le soldataglie tedesche hanno riscosso un tributo di orrori che è stato risparmiato a città più grandi e ricche.
Qui si morì.
Qui si rinasce.
La chiesa abbarbicata sulla roccia, in alto, sul pizzo, e la grande croce illuminata che sparge il messaggio di Cristo a tutta la vallata testimoniano la forza della fede e dell’ingegno umano.
Si racconta che quando gli abitanti di Pizzoferrato si sentivano schiacciati da problemi, si recavano in pellegrinaggio alla chiesa che sovrastava il borgo.
L’ascesa favoriva la riflessione, dal pensiero scaturiva una risoluzione. Se ciò non accadeva, non restava che la preghiera.
A naso in su vaglio le possibilità di raggiungere la vetta: non sembrerebbe di ravvisarne senza ricorrere a corde e picconi, mah!
Ma.
Ma una stradina, che si incunea alla sinistra della piazza e che parrebbe chiudere il paese, inaspettatamente si allarga quel tanto da permettere agevole salita ad una macchina di media cilindrata.
La pendenza sfiora il 20%, nel perimetro rocce e case sembrano indistinguibili, ma la strada continua a impennarsi e basta poco per trovarsi alle spalle della croce che pochi minuti prima ci era sembrata irraggiungibile.
Il posto è fantastico: la vista spazia a 360° dai borghi sparsi del Molise, molto più giù, fino alla costiera abruzzese, l’aria fina stimola l’appetito e un buon gruppo di panche picnic invoglia a fermarsi per soddisfare vista, gusto e tatto.
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