Ne avevo ricavato una persistente impressione di genuinità e cortesia.
Più volte abbiamo cercato di bissare l’esperienza, ma, nel ginepraio delle vie di Sassa (AQ), non abbiamo più ritrovato il locale. Decisissime a rinverdire i ricordi, mercoledì 8 ottobre 2014 siamo state a scandagliare il territorio strada per strada, finché, proprio di fronte all’aggregato C.A.S.E. di Pagliare di Sassa, abbiamo trovato il bivio.
Il cartellone colorato con la ottimistica scritta “Ristorante” (senza specificare quale) è una prima spia del clima informale e insolito che regna alla Cerella.
Siamo state salutate da un roboante “Che Dio vi benedica”, conferito con un sorriso coinvolgente dallo chef. Incerte se posizionarci dentro il bel locale o fuori, a godere degli ultimi raggi di un’estate agli sgoccioli, abbiamo optato per una sistemazione di mezzo, all’interno, ma con le portefinestre aperte.
Ben presto il locale si è riempito di avventori di buon appetito, ma questo non ha pregiudicato la celerità del servizio.
In entrée, abbiamo scelto l’antipasto misto che ricordavo favoloso: accompagnato dalla pizza, è arrivato un ricco piatto di salumi e formaggi piuttosto buoni
Veramente ottima, invece, la frittata di patate, bieta e mozzarella: un sapore pieno, coinvolgente, di altri tempi, una vera coccola alla gola. Insolita anche l’insalata di farro, qui condita con mais, pomodorini e pera: la frutta ha regalato al contorno un tocco agrodolce davvero particolare. Speravo di disporne da sola, perché la mia amica non ama i legumi, ma, assaggiata svogliatamente una cucchiaiata, si è talmente appassionata a questo sapore che ha fatto lei la parte del leone.
Del resto, per me c’erano le lenticchie, calde e buone: rimandarne un po’ indietro è stata una vera sconfitta, ma purtroppo ero sazia. Magari fossimo come cammelli e potessimo fare il pieno di cibo da redistribuire nel corso delle giornate!
Dopo le zuppe, lo chef ci ha proposto un inedito hamburger fatto di pizza calda, salsiccia e insalatina: roba che umilia e surclassa qualunque fast food e dimostra come la genuinità possa sposarsi anche con la modernità. In fine, sono giunte le polpettine, in quantità tale da poter, da sole, soddisfare la voglia di secondo e piccole come si era avvezzi a mangiarle da piccoli.
A questo punto, sazie e soddisfatte, avremmo potuto tranquillamente andar via appagate, ma educazione vuole che non ci si congedi dopo l’antipasto. Abbiamo così ordinato un primo io ed un secondo la mia amica, decise a lasciarne buona parte nel piatto.
Poi i cinque arrosticini della mia amica sono scomparsi rapidamente, ma la vera sorpresa sono stati i miei ravioli al tartufo. Pasta fatta in casa, naturalmente, e ripieno garbato: alla ricotta si accompagna l’ortica, che non avevo mai assaggiato e che, leggermente più amara dei soliti spinaci, rende più pieno il sapore del raviolo.
L’appetito vien mangiando e più ancora la curiosità di sperimentare i dolci, attratte da quel mix di tradizione e innovazione che ha caratterizzato l’intero pranzo.
Il tiramisù con gli Oro Saiwa, con poco caffè e molto mascarpone, ci ha ricordato certi dolcini dell’infanzia preparati dalle mani affettuose delle nonne e ci ha lasciato soddisfatte nel palato e nel cuore.
Abbiamo pagato talmente poco che, vergognandomi di dirlo, affido alla foto il dato economico.
a noi e’ andata diversamente. 4 adulti 1 bambino, 50 arrosticini antipasti della casa della casa senza primi contorni della casa . A parte gli arrosticini gli antipasti e i contorni sono 80% verdura/legumi . Una bottiglia di vino e acqua. 3 dolci alla fine. 120 euro il conto…….
Mi dispiace. Che ci sia un tariffario diverso fra pranzo e cena? Dovremmo chiedere al gestore. Io ci sono tornata per il compleanno di un amico e confermo la mia piena approvazione. Stavolta, però, non pagavo io 🙂