Il Parco Nazionale della Pace a Sant’Anna di Stazzema (LU)

WP_20150723_037A Sant’Anna di Stazzema non si arriva mai.

Ad ogni curva a gomito, ad ogni metro in salita, ad ogni affaccio verso quel mare sempre più lontano, ci domandiamo perplessi: “Ma come è arrivata fin qua, a far danni, la Storia?”

Tra tante località ridenti e solatie, perché la barbarie nazista si è incuneata qui, fra monti e cielo?

Che cosa cercavano quei criminali nella scuola elementare di Stazzema? Che cosa nelle casupole sperse fra i monti?WP_20150723_030

Quel 12 agosto del 1944 non c’era neppure la strada maestra, quella che percorriamo oggi sgomenti alla ricerca del Parco Nazionale della Pace. La segnaletica, abbondante fino alla ridondanza in Versilia, si riduce allo stretto indispensabile. Più volte pensiamo di esserci persi nel nulla del bosco e proseguiamo solo perché non c’è spazio per invertire la marcia.

In cima al colle vediamo svettare, mesto e solitario, il monumento funebre, sulla sommità di un’altra altura. Non c’è trionfalismo né orgoglio nella lugubre colonna marrone che fende il cielo: non andiamo a cercar l’arte, ma a capire il passato. E non ci riusciamo.WP_20150723_043

Parcheggiamo vicino alla piazzetta dell’eccidio.

L’aria è ferma.

Non è solo l’afa, che pur non ci dà tregua.

È la consistenza stessa del dolore.

È qualcosa di palpabile che smorza la voce e frena i passi nel silenzio della natura.

Anziani, donne e bambini, tanti, troppi bambini trasformarono il mormorio della preghiera in un grido di dolore in questa piazzetta. L’eco rimbomba nelle orecchie dell’animo.

La chiesuola di Sant’Anna di Stazzema è una pieve di campagna qualsiasi.

A stento sono stati sostituiti i banchi e il crocifisso che i nazisti fecero ardere per cremare i 580 corpi che caddero sotto i loro colpi. Che cosa può dire lingua d’uomo a commento della barbarie?

Nulla.

Ci incamminiamo perciò in silenzio verso la sommità del colle tra le lastre e le scale del sentiero curvilineo che porta al sacrario di Sant’Anna di Stazzema.

Sventolano bandiere, simbolo di pace.

Ma non sembra aver pace la donna scolpita da un artista tedesco alla base del sacrario, con gli occhi sbarrati, l’urlo fra i denti, il bambino morto fra le braccia.

La pace comincia quando si prende coscienza dell’orrore della guerra.

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Pubblicato da Benedetta Colella

Sono Benedetta, quarantenne aquilana innamorata del mondo. Per contatti e collaborazioni, potete scrivermi a benedettacolella(at)gmail.com