“Che cosa fareste se un blackout improvviso vi allontanasse dalla civiltà? Se non ci fosse più il termosifone che arde, il forno elettrico che scalda, il computer, il telefonino, la televisione, ogni confort moderno, che, sappiatelo, si alimenta solo di energia?
Quanto tempo passerebbe prima che si cominciasse a delinquere? E chi sareste voi? Sareste le vittime, chiuse in casa a tremolare per ogni rumore sospetto, o sareste i carnefici, che approfittano dell’oscurità per aver ragione di vecchie inimicizie o di pulsioni inconfessabili?”
Un fremito ci percorse la schiena.
Il freddo era l’ultimo dei nostri pensieri: era gennaio, ma in questa magnifica città del Sud anche a gennaio è possibile organizzare reading all’aperto.
Eppure Donato Carrisi aveva creato la tensione giusta per introdurre il suo ultimo thriller: “Il maestro delle ombre”.
Ci ho ripensato spesso, in questi giorni d’inferno più che di inverno, intrappolata in casa dalla neve, col terrore che, come in mezzo Abruzzo, le linee elettriche cedendo ci condannassero alle tenebre e al gelo.
Amici miei carissimi, di Ortona, di Lanciano, sono rimasti al buio per oltre cento ore, caro Carrisi.
E non solo la delinquenza non ha raggiunto il picco esponenziale che credevi tu, che credevamo noi, ma al contrario una luce interiore di solidarietà e altruismo ha accomunato tutti.
I vicini hanno riscoperto i vicini, i padri i figli.
Non credo che, se lo sapesse, Donato Carrisi ne rimarrebbe sorpreso.
Ad onta del mondo buio che mette mirabilmente in scena nei suoi romanzi (ma potrebbe esistere il romanzo se non esistesse il male?), Donato Carrisi è una persona meravigliosa.
Con me lo è stato.
Ipotizzando che avrei avuto difficoltà a raggiungere il palco, ne è sceso lui per permettere a Marco di scattarci una foto insieme, nonostante una fila di fan si assiepasse tutt’intorno e io fossi per lui una perfetta sconosciuta.
E sapete da che cosa deriva la sua atleticità? Proprio dalla scrittura, che per lui è viscerale.
Ci ha raccontato il suo modus operandi.
Dopo aver raccolto da mille fonti le sue informazioni (le raccomandazioni apocalittiche dettate dallo speacker del romanzo prima che il blackout impedisse ogni comunicazione, ad esempio, sono prese dal protocollo di sicurezza del ministero dell’interno), la stesura del romanzo è rapida, ma faticata.
Carrisi non è animale da scrivania: si alza, cammina, recita, declama le pagine che ha scritto muovendosi per tutta la stanza e la sera, ci confessa, ha dolore alle gambe da iperaffaticamento.
Non è dunque solo una metafora dire che Donato Carrisi è un olimpionico della narrativa italiana.
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