Non sentiamoci finalmente compresi: per geni Remuzzi non intende certo creature dotate di talenti straordinari, ma gli elementi primi della genetica.
Sono passati diciotto anni da quando Bill Clinton annunciò al mondo che per i suoi scienziati il DNA non aveva più segreti.
Per me, invece, la genetica ha continuato ad averne fino a quando la grafica e il titolo accattivante non mi hanno convinto ad acquistare e a leggere questo bel libro di Giuseppe Remuzzi.
Riconosco all’autore due doti rare: la chiarezza nella divulgazione e l’assoluta equanimità nella problematizzazione.
In quarantaquattro curiosi capitoli, Giuseppe Remuzzi riassume altrettante interessanti questioni sull’impatto che lo studio del DNA può avere su inveterate querelle.
Tutto dipende dai geni: l’orientamento politico e sessuale, la memoria, le malattie.
Può essere un alibi per coltivare i nostri vizi?
Remuzzi sostiene di no.
Spesso il limite della saggistica sta nella ripetitività dell’assioma: in Siamo geni, se mai, c’è il problema opposto. Gli spunti sono tantissimi, ognuno dei quali invoglia all’approfondimento e scardina certezze ataviche.
Per esempio, Ramuzzi dimostra che un leggero sovrappeso sia la condizione più favorevole per l’organismo e che fra un obeso e una persona troppo magra, entrambi a rischio, secondo le statistiche è il secondo a soccombere prima.
Più che una questione di chili, parrebbe tutto una questione di allenamento.
Fitness or fatness? That is the question.
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