Eppure, passeggiando fra i canneti, con un occhio alla natura rigogliosa e un orecchio al canto degli uccelli, giurerei di esser mille miglia lontana dalla frenesia della modernità.
Per sentirmi Indiana Jones, basta seguire il sentiero fino al boschetto e, da lì, al miracolo delle polle.
Per passare una giornata tranquilla è sufficiente sostare nell’ampia area attrezzata a pochi metri dal parcheggio e godere della frescura mentre i bimbi scorrazzano felici fra i giochi del parchetto e i mariti si affannano al barbecue.
Io, ad esempio, amo l’intersezione terracquea.
Mi fermo al limitare del fiume, che nasce già grande, e guardo.
Guardo fino a che gli occhi, abbacinati dalla luce, cominciano a dolere. Seguo il ribollire delle polle, ipnotico nella sua fluidità.
Mi perdo ad ammirare i colori fluttuanti del fondale.
Seguo le acrobazie di chi si spinge fino al fiume per catturare l’acqua freschissima nel momento in cui, dalla roccia, sgorga nel sole.
Se le sorgenti del Pescara fossero una fotografia, sospetterei l’abuso di filtri e l’impostura del Photoshop.
Nessuna fotografia, però, può rendere la bellezza e l’armonia del luogo e allora anche i miei scatti, fatti senza perizia con un cellulare ormai di terza o quarta generazione, possono evocare, per difetto, il tripudio di luci e armonie da cui ogni giorno, incessantemente, a Popoli scaturisce la vita.
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