Incontro con Valentina D’Urbano

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Valentina D’Urbano

La bellezza verace di Valentina D’Urbano resiste ad ogni tentativo di imborghesimento: sotto il trucco curato, sotto la chioma nera appena domata dal parrucchiere traspare l’appeal naturale di chi non è cresciuto fra lezioni di bon ton ed esercizi di postura con i libri sulla testa.

I libri, al contrario, erano ben aperti sotto le lenzuola, fra gli scossoni dell’autobus che la portava a scuola, nei pomeriggi oziosi di borgata, quando leggere era il solo antidoto alla bruttura del posto.

Valentina D’Urbano descrive così bene la Fortezza perché viene da lì.

La scuola è stata il suo riscatto, la lettura la sua via di fuga.

Ad un certo punto, i libri non le sono bastati più: per arginare la fantasia, ha cominciato a scrivere da sé le storie che le sarebbe piaciuto ascoltare; era un antidoto, una catarsi, uno sfogo, una mania.

Bozzetti, racconti, descrizioni passavano dalla mente alla carta, dalla carta al cassetto: non sognava lettori, non sapeva nemmeno di essere brava.WP_20141122_006

Quando le parlarono del concorso letterario “Io scrittore”, mancavano venti giorni alla scadenza del bando. E un romanzo da proporre non c’era.

C’era, e c’è, invece, la grinta, la voglia di riscatto, la confusa certezza di essere ormai matura per uscire dal cono d’ombra in cui la giovane età, la timidezza e le origini l’avevano confinata.

“Il rumore dei ricordi” è nato lì, in quei venti giorni di furore narrativo, quando gli unici amici erano i personaggi del libro, con cui imbastiva dialoghi immaginari, con cui litigava per poi riappacificarsi, con cui descriveva la realtà cruda di un mondo estraneo finora alla narrativa contemporanea.

Fece in tempo a presentare il manoscritto al concorso, ne seguì tutte le fasi con stupore crescente: a sostenerla non erano più genitori compiacenti, non erano più amici affettuosi, ma sconosciuti la cui approvazione era avulsa dall’affetto, avversari, addirittura, che concorrevano con lei e che erano comunque rapiti dalla forza della sua prosa.

“Il rumore dei ricordi” si attestò in buona posizione e Valentina si congedò dal bailamme letterario di quei mesi frenetici, già paga del successo ottenuto.

Un giorno ricevette la telefonata di un editor della Longanesi.

Lo mandò al diavolo.

Sembrava uno scherzo di pessimo gusto ed era l’inizio di un sogno.

Da allora, ha partorito altri due romanzi ed è l’idolo delle teenagers italiane.

Ascoltando Valentina D'Urbano.
Ascoltando Valentina D’Urbano.

Alla presentazione di “Quello che la vita ci manca”, il suo ultimo libro, sabato 21 novembre 2014, la nostra presenza alzava di molto l’età media: il corridoio del centro commerciale Meridiana di L’Aquila che ospitava l’evento era infatti invaso di ragazzine emozionate, che raccontavano con voce tremante quanto la forza evocativa dell’autrice avesse condizionato le loro giovani vite.

La sua stessa presenza a L’Aquila è il dono ad una figlia appassionata di libri da parte di un padre illuminato, socio di “L’Aquila volta la carta”, organizzazione letteraria fortemente voluta dal genio di Valeria Valeri e vera benedizione per la nostra città.

Nelle ultime file, discutevo con Paola, la mia comarella, dei pregi e dei limiti del romanzo. Il giovane seduto accanto a me non si perdeva una parola di quel che dicevamo. Imbarazzata da quell’orecchio vigile, ho tentato di coinvolgerlo, dicendogli, mentre aprivo il libro: “Guardi anche Lei: non c’è una sola frase priva di parolacce”. E lui di rimando: “lo so bene: sono il ragazzo di Valentina”.

il ragazzo di Valentina D'Urbano
Il fidanzato di Valentina D’Urbano, immortalato a sua insaputa dopo la figuraccia.

Una figuraccia, senza dubbio, la mia, che mi permette, però, di chiudere questo resoconto con un po’ di gossip.

Postando qui la foto del fortunato fidanzato, mi sento un po’ paparazzo anch’io.

Pubblicato da Benedetta Colella

Sono Benedetta, quarantenne aquilana innamorata del mondo. Per contatti e collaborazioni, potete scrivermi a benedettacolella(at)gmail.com