Villa Santa Maria (CH), la terra dei cuochi

Villa Santa Maria è una striscia di case al centro della montagna.
Non sulla base, non sul cocuzzolo, al centro: in alto, in basso, a destra e a sinistra la contornano alberi e rocce, rocce ed alberi.
Come una cesura, uno spuntone verticale che pare un muro di Berlino taglia a metà il paese: sarebbe stato un confine naturale perfetto ed è diventato, al contrario, il punto di aggregazione di Villa Santa Maria.
Benedetti gli spuntoni, del resto!
Pare infatti che i predoni di ogni secolo avessero soggezione, se non terrore, di queste rocce aguzze: la morfologia ostile del paese lo salvaguardava dalle incursioni che fiaccavano invece altri luoghi dalla geografia più tradizionale.
Anch’io avevo paura di affrontare la visita di un luogo in apparenza terribilmente scosceso.
Raramente, invece, ho visto un corso così piacevolmente pianeggiante.
Per raggiungerlo, si percorrono ripidissime scalinate dai tracciati irregolari: le case, costruite in forte pendenza, spesso hanno ingressi alla strada su piani diversi.
Un ampio belvedere permette allo sguardo di spaziare verso gli splendidi panorami circostanti.
Qui il senso estetico mi tradisce.
Proprio di fronte al belvedere c’è un ecomostro, oggettivamente orrendo: un viadotto altissimo che rompe la visuale e che dovrei condannare senza esitazioni.

Panorama dal belvedere di Villa Santa Maria

Invece, forse in ricordo dei reticolati in cui, nelle ore di storia dell’arte, ingabbiavamo le immagini dei quadri prima di riprodurle, mi sembra quasi che l’orrida superstrada si faccia funzionale al luogo, per cadenzarne ed enfatizzarne e contrario la smagliante bellezza.
Il fulcro del paese è palazzo Caracciolo, oggi sede di due insoliti musei dedicati uno al santo locale, san Francesco Caracciolo, appunto, protettore dei cuochi, e l’altro, coerentemente, ai cuochi stessi.
All’interno è possibile percorrere lo stesso corridoio in cui il santo, colpito dalla lebbra, trascorse i due anni che sancirono la sua conversione, e la piccola, deliziosa cappella di famiglia.

Palazzo Caracciolo a Villa Santa Maria

Ho apprezzato molto la simbologia luminosa della bella statua di fianco all’ingresso di palazzo Caracciolo: il santo è cristallizzato nell’atto di offrire al mondo il corpo di Cristo, l’ostia, proteso in alto, e un più profano pane contadino, in basso, per nutrire il corpo di noi cristiani.
Sul basamento c’è un bassorilievo raffigurante le attività collegate col cibo nelle cucine e nelle sale da pranzo, in omaggio all’istituto alberghiero di Villa Santa Maria, famoso in tutto il mondo per la qualità dei suoi studenti, la cui folgorante carriera inizia spesso appena usciti dai banchi di scuola.
Eppure, a Villa Santa Maria non c’è il pullulare di ristoranti che avrei immaginato: qui ci si forma, ma poi si deve emigrare.
Questa dicotomia sembra una maledizione: dove c’è bellezza non c’è lavoro. Purtroppo è vero anche il contrario.

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Pubblicato da Benedetta Colella

Sono Benedetta, quarantenne aquilana innamorata del mondo. Per contatti e collaborazioni, potete scrivermi a benedettacolella(at)gmail.com