Va il postino
e scala dopo scala
trova il destino.
E se dalle atmosfere nipponiche di questo libro mi sono fatta contagiare anche io, di solito immune dal fascino della letteratura giapponese, evidentemente la magia di queste pagine è insidiosa, sottile, irresistibile.
Si comincia a leggere incuriositi dal titolo e la prosa poetica di Thériault, pagina dopo pagina, trasporta in un’atmosfera onirica, irreale eppur sempre credibile, fino allo sconvolgente epilogo, da cui si riemerge come al suono della sveglia all’alba di un freddo lunedì.
Parrebbe una storia d’amore, e non lo è.
Farei follie per inserirmi anch’io nel renku o “poema collettivo” (una tradizione medievale, risalente ai certami letterari che si disputavano presso la Corte imperiale giapponese) di questo romanzo, che comincia in sordina e infine ammanta di sè ogni singola pagina.
Metaletteratura? Non direi: “Storia di un postino solitario” sfugge alle etichette del genere letterario e si dipana irruento, imprevedibile, ipnotico come la vita.
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