La scarpetta, elegante ristorante aquilano

La scarpetta nel piatto non si fa” è il primo insegnamento di galateo a tavola impartito ai bambini. E il più sadico.

Non so perché i proprietari abbiano deciso di chiamare La scarpetta l’elegante locale che sorge dove fu, beneamata, La cartiera del Vetoio. Escludendo che ci si riferisca al pane col sugo della tradizione contadina, da cui niente, qui, è più lontano sia nell’arredamento sia nel menu, la fantasia galoppa. È la scarpetta di Cenerentola? Il particolare che, da solo, rende esclusivo un insieme?

Del resto c’è qualcosa di fiabesco nell’ampia sala dove convivono in sapiente contrasto le pareti gli elementi architettonici di un bel verde accesso e le specchiere, le credenze, la mobilia dei salotti signorili novecenteschi.

L’enclave all’ingresso mostra una scrivania con comode sedie (il conto va addolcito con un tocco salottiero) e, sullo sfondo, dei banconi da norcineria di alto pregio dove risaltano (e invogliano) i formaggi e i salumi più blasonati del territorio.

L’antipasto

Proprio da loro cominciamo la nostra avventura al ristorante La scarpetta. Nel ricco tagliere dell’antipasto misto fanno bella mostra di sé il Divino di Gregorio Rotolo (chi lo ha già assaggiato sa), il Francesco, sempre della stessa benemerita azienda di Scanno, e un terzo pecorino al tabacco e rum dal gusto davvero strong.

Il culatello è affettato in entusiasmanti nuvole di sapore e tutti i salumi, di pecora, di cinghiale, di fegato, di capriolo, sono tagliati al coltello e sono davvero ottimi.

Gli antipasti caldi sono serviti in allegri piatti colorati: il più buono, secondo me, è una vellutata di ceci con crostini. La coratella, che a me non piace, è stata tutta appannaggio della mia amica, che la ha lodata molto. Non più che discrete, nel loro sugo ben incipollato, sono le due dense pallotte cacio e ova, o almeno così sembrano a me che attingo a piene mani dalla tradizione di Fara San Martino, che le ho assaggiate per la prima volta a casa di mia suocera, la regina delle pallottelle, e che posso ancora godere di quelle, squisite, della zia di Marco.

I primi di La scarpetta

Risotto robiola di bufala e gambero di Mazara

Nel menu ci sono quattro proposte di primo e altrettante di secondo, tutte molto raffinate. I gestori hanno scelto la qualità a discapito della quantità. Assaggiando il mio meraviglioso risotto con robiola di bufala, lime e tartare di gambero rosso, illuminato da coriandoli di foglia d’argento (di nessun sapore, ma di grande effetto coreografico), non posso che dichiararmi entusiasta.

Del primo della mia amica, spaghettoni con salsa di peperoni, formaggio morbido di Gregorio Ruotolo e salsiccia di fegato, posso testimoniare solo l’aspetto ammiccante, perché non mi piacciono due dei tre ingredienti, che pare si sposino benissimo insieme.

Il tiramisù

E passiamo al tiramisù scomposto, servito in tazzine d’argento: è una crema al mascarpone e caffè arricchita da croccanti crumble di biscotto e rinforzata da un’ulteriore spolverata di caffè (di cui io personalmente ho fatto a meno). L’insieme ha un suo perché, ma non lo archivierei tra i ricordi né come tiramisù né come sapore da rimpiangere.

Il conto, 64 euro al netto dello sconto 20% offerto da The fork, mi è sembrato un tantino esagerato per un locale di periferia. L’enorme parcheggio su cui insiste non sarà ameno, ma è sicuramente molto molto comodo.

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Pubblicato da Benedetta Colella

Sono Benedetta, quarantenne aquilana innamorata del mondo. Per contatti e collaborazioni, potete scrivermi a benedettacolella(at)gmail.com