Quando fattori diversi si moltiplicano e potenziano fra loro, l’alchimia che ne deriva è maggiore della somma delle parti.
Metti l’estro dell’associazione Animammersa, sinergia di donne che sull’arte e sull’amore per il territorio hanno fondato il loro connubio.
Aggiungi le capacità gestionali di Giovanni Berardinangelo, sindaco di Sant’Eusanio Forconese, che, riempiendo di luci e di persone un castello noto finora solo agli escursionisti, ha restituito intatto al suo paese il fasto e i blasoni del passato.
Filtra il tutto attraverso il talento di Davis Tagliaferro, brillante mattatore della prima serata del festival Confini.
E nutri l’animo con le parole ora argute ora amare, ora taglienti ora ironiche dei padri del romanesco: Belli, Pascarella, Trilussa, Aldo Fabrizi, Pasolini, mixati insieme in uno spettacolo che alterna satira politica e sociale, espedienti e sentimenti, disillusione e radicati amori.
E avrai un’idea della magia di questa prima giornata del Festival Confini (capitolo I)
La serata si è aperta con un’ascesa al castello per agile sentiero.
L’ho persa: ho ceduto alle lusinghe della navetta, ma quel che ho guadagnato in riposo mi è stato sottratto in magia. I miei amici hanno apprezzato davvero questa insolita passeggiata al buio, con i sensi all’erta e la sensazione di dominio che si accresce ad ogni passo in su.
Davis Tagliaferro ha allestito il suo palco in una enclave magica, col cielo per soffitto e l’intera sommità di MOnte Cerro per platea: la caduta della quarta parete non è stata per lui una metafora ma un modo insolito di rapportarsi al pubblico. Dalla modesta altezza del suo palco improvvisato, Tagliaferri ci ha dominato.
Eravamo tutti in silenzio, rapiti dalla sua interpretazione: incantevoli, in lui, il romanesco appena accennato, la voce suadente, il lampo di divertimento che gli attraversava lo sguardo quando pronunciava una chiusa ad effetto, la malizia con cui ha accompagnato le allusioni erotiche dei testi, il pathos espresso nei monologhi drammatici, in cui la sua abilità mimetica ha raggiunto l’apice trasformando per un attimo un brillante attore in un “ragazzo di vita” e un bel viso in una maschera tragica.
Alle evidenti doti artistiche, Davis Tagliaferro aggiunge una forte personalità: con uno sguardo imbarazzato alla chiesetta interna al castello di Sant’Eusanio Forconese, ad esempio, ha preso le distanze dall’anticlericalismo del Belli (per cui, non dimentichiamolo, il Vaticano era il nostro Montecitorio) e in questo modo lo ha enfatizzato; con un tono bonariamente ironico ha fatto arrossire la signora che, durante lo spettacolo, aveva iniziato una sua personale conversazione al telefonino; con sicurezza ha reinterpretato a suo modo testi anche famosissimi, che, dalla sua performance, escono rivificati e attualizzati.
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