Quando mi avvicino per acquistare il suo libro, però, mi spiazza.
Mi bacia, anzi bacia tutti quelli che gli si presentano, che sono lì per lui.
Siamo in tanti, oltre trecento: il Vagamondo, che dalla scuola ha ricevuto solo frustrazioni, si prende le sue belle rivincite, parlando nell’Aula Magna delle università e pubblicando, senza aiuto di editore, libri che sopravvivono anni fra i best seller della narrativa di viaggio.
Stretto in un mondo troppo fatuo e insincero per lui, ha sceso tutti i gradini dell’autodistruzione.
Notti brave, alcool, droghe sempre più forti, overdosi: la vita per lui non era un valore. Pensava allora che fosse tutto qui, tutto in questa realtà borghese che ha anestetizzato il mondo occidentale.
E invece c’è altro, c’è molto altro nel mondo.
Ci sono modelli di vita diversi, che lasciano più spazio a giovani disarmati di fronte al cinismo trionfante.
Ci sono luoghi in cui l’apparenza non è sostanza, la ricchezza non è necessità, la solitudine non è condanna.
Durante il suo primo viaggio, ha sentito rinascere in lui energie dimenticate da tempo.
Camminare, conoscere, sperimentare sono diventate da allora le sue droghe buone, che non hanno effetti collaterali, che aggiungono vita ai giorni tanto quanto gli abusi del passato ne hanno tolta.
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