Marco disobbedisce al navigatore satellitare, come spesso accade, e si inerpica per una strada che, secondo lui, ha il merito di aggirare una collina.
Tra un tornante e l’altro ci accorgiamo di essere ad un passo dal bel castello già notato di notte perché una sapiente illuminazione lo fa splendere a guardia dell’intera Val di Comino. Basta uno sguardo fra noi e la Punto devia verso il parcheggio designato.
Non so come, ci ritroviamo proprio alla base del maniero, davanti ad un insolito varco: l’atmosfera è strana e ci scopriamo a parlare a voce bassa.
Non si potrebbe entrare: i ruderi non sono custoditi e le telecamere di sorveglianza sconsiglierebbero un ingresso forzoso, ma la curiosità è tanta e ci avventuriamo per ammirare almeno l’esterno.
Nonostante lo stato precario di conservazione, il castello trasmette un’idea di imponenza e di mistero, tanto che, quando scopriamo su un’intera parete un’enorme croce rossa, stoltamente pensiamo ai templari e non, come sarebbe stato evidente a menti meno suggestionabili delle nostre, il simbolo dell’ospedale militare durante la seconda guerra mondiale.
Non siamo i soli a considerare spettrale questo luogo: scopriamo ben presto, senza meravigliarcene, che quello di Vicalvi è un castello infestato.
Lo abiterebbe l’anima di una milf ante litteram che, in assenza del marito, concupiva bei giovani per poi farli assassinare da un servo fidato. Era l’unico modo certo per evitare che il ganimede di turno si vantasse della aristocratica conquista. La progressiva scomparsa dei più bei giovani del paese insospettì però la popolazione e ben presto, forse anche per un tradimento del killer materiale, si scoprì il piano diabolico della donna, al secolo Alejandra Maddaloni, che fu giustiziata.
A volte, però, nella foschia del tramonto, pare che una donna emaciata, nerovestita, si materializzi alla ricerca di nuovi amori. Aitanti amici impavidi, fatevi avanti se potete!