La Grotta Mangiapane a Custonaci (TP)

La Grotta Mangiapane è in apparenza solo un’enorme spaccatura sulla roccia rossastra intorno a Custonaci.


L’accesso è coperto dalla vegetazione: bisogna parcheggiare e acquistare il ticket prima di scoprirne l’unicità.
Già la biglietteria, ospitata in un’antica cucina rurale ricca di utensili oggi in disuso, fa capire che ci verrà offerto un viaggio nel tempo.

La biglietteria della Grotta Mangiapane a Custonaci


Un borgo intero costruito dentro una grotta, con vista sul mare della Riserva dello Zingaro, dimostra che la realtà supera spesso la fantasia.
Oggi, però, a quel luogo arcano, che testimoniava gli stenti della vita rurale in Sicilia fino alla metà del secolo scorso, è stato fatto il lifting.
A furia di ospitare troupe cinematografiche si è fatto di plastica.


Ma come, se la ricostruzione non cede mai all’anacronismo?
Eppure quelle casupole sono tirate a lucido come certo non furono mai quando in quelle strade scorreva la vita.
Sono addirittura più linde di quelle, odierne, nei paesini del circondario.


Ospitano gli strumenti dei mestieri del passato: in estate e sotto Natale le abiteranno alcuni figuranti, per dar vita ad un museo vivente dei lavori di una volta.
L’idea è vincente, anche se una voce fastidiosa dentro di me continua a ripetermi che una società in cui per percepire uno stipendio bisogna fingere di lavorare non è in nulla migliore rispetto a quella antica, poverissima di beni materiali ma non certo di identità.


La Grotta Mangiapane, così chiamata dal nome degli ultimi proprietari, fu abitata fino agli anni Cinquanta.
Le casette, semplici cubi monolocali in pietra, senza soffitti né pavimenti, si addossavano l’una all’altra.
Le porte sono aperte: è possibile sbirciare scorci di vita.
A noi, che siamo gente di montagna, abituata a vedere prosciutti e salami appesi nei fondaci dei nostri nonni, ha colpito molto vedere al loro posto sarde e stoccafissi nelle antiche cucine della Grotta Mangiapane.


Accanto all’uscio non mancava mai una rudimentale panchina per rinfrescarsi e partecipare, a tutte le età, alla vita del borgo.
Nelle aie pare che la vita non si sia mai fermata: i carretti siciliani sono tutti parcheggiati al loro posto, la rudimentale altalena assicurata al ramo da forti corde si fa attrazione per i bambini di ieri e di oggi, il pulviscolo si alza ad ogni passo.


I recinti per gli animali erano contigui alle case: una sorta di zoo domestico, fatto di asinelli, galline, ochette, capre, anima tuttora i recinti e “nella vecchia fattoria” un concerto improvvisato, de tutto naturale, fa da colonna sonora all’imperdibile visita.

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Pubblicato da Benedetta Colella

Sono Benedetta, quarantenne aquilana innamorata del mondo. Per contatti e collaborazioni, potete scrivermi a benedettacolella(at)gmail.com