Di solito, quando ci accorgiamo che in un locale i prezzi non sono, secondo noi, commensurati alla qualità, serriamo le file e tentiamo di ridurre i danni.
E così abbiamo cercato di fare da Straccale, scelto dopo un’occhiata distratta a Tripadvisor: cercavamo un locale senza pretese dove pranzare velocemente prima della meta, Rieti, e esteriormente questa trattoriola sembrava fare al caso nostro: una verandina coperta sulla strada statale, tavoli poco distanziati, arredamento minimal.
Prezzi massimi, però.
Il menu turistico che con 20 euro avrebbe garantito solo una pasta con aglio, olio e prezzemolo (detta “alla Straccale”), una porzione di salsicce e un contornino non ci è sembrato allettante; le ordinazioni alla carta ancor meno.
L’amatriciana di Marco, infatti, consisteva in una manciata di spaghetti dilatati su un piatto vuoto. Era discreta, certo, ma in quantità assolutamente insufficiente.
Gli ho offerto un po’ della mia tagliata ai funghi, buona, ma decisamente costosa (15 euro).
E lì avremmo dovuto pagare e andarcene.
Io però mi sono fatta tentare dal dolce e mi sono vista arrivare una porzione di tiramisù preconfezionato, di quelli che si vendono ai discount e che non hanno proprio nulla della cremosità e della freschezza che sarebbero i requisiti minimi di questo dolce.
Nonostante l’appetito ancora acceso, ne ho rimandato indietro più della metà.
Mogi mogi, ci siamo alzati dal tavolo con la stessa fame di prima e 30 euro complessivi in meno, giurando a noi stessi: “Qui, alla trattoria da Straccale ad Antrodoco, non ci torniamo più!”
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