Il protagonista, Newland Archer, è tormentato dallo stesso dilemma che spesso sconvolge gli uomini irrequieti: sarà meglio l’amore placido di una ragazza carina e dall’intelligenza quieta o la passione tormentata per una donna chiacchierata e irresistibile?
Più della trama, però, mi ha affascinato il contesto: Edith Wharton, fine osservatrice, sa descrivere le isterie e i vezzi della società con un’arguzia sorprendente. In molti personaggi ho ritrovato, mutatis mutandis, vizi e virtù di amici e conoscenti, perché la società può cambiare, ma l’animo umano resta sempre ancorato a pochi valori fondamentali.
La vita non è stata così buona con la brillante nonna, affetta da obesità patologica: “ La smisurata concrescenza di carne che le era piombata addosso nel bel mezzo della sua esistenza, come una colata di lava su una città condannata, l’aveva tramutata da una piccola donna grassottella e attiva dal piede delicato e la caviglia ben tornita in qualcosa di immenso e nobile, paragonabile a un fenomeno della natura“.
La magnifica conclusione del romanzo, che ripropone gli stessi personaggi trent’anni dopo, dimostra chiaramente che L’età del’innocenza non è una questione solo anagrafica.
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