Più che un museo, mi è sembrato un deposito merci: solo ogni tanto compariva un foglietto esplicativo, rigorosamente in tedesco e, per quanto ne capisco, davvero poco esauriente. Manca addirittura un percorso di visita: tutti procedono nel massimo disordine e, è doveroso aggiungerlo, con espressione parecchio disinteressata.
Si divertono forse solo i bambini, per i quali azionare un semaforo spingendo un bottone e dare il la a un motore spingendone un altro è un surrogato di avventura.
Quel che ha reso piacevole la giornata, però, è il contesto che le ferrovie austriache hanno saputo offrire permettendo di raggiungere il museo partendo da una stazione vicina con un treno a vapor
Il rumore delle ruota su rotaie, il fischio continuo della locomotiva, le sbuffate di fumo poco salubri ma molto scenografiche hanno coinvolto tutti i sensi dei viaggiatori.
Dato che, tanto per cambiare, le spiegazioni erano tutte in tedesco, noi ci siamo distratti, con il risultato che, in quella che sembrava una pausa fotografica, mamma e Marco sono scesi ed io sono rimasta di guardia ai bagagli. Improvvisamente, però, il treno è ripartito a marcia indietro. I ferrovieri rimasti a terra hanno impedito con gesti decisi un tardivo rientro. Mentre ridacchiavo fra me e me al pensiero che i miei pigri amori fossero incappati in qualche “piacevole passeggiata obbligatoria” di diversi chilometri, il treno ha reinvertito di nuovo la marcia ed è tornato, suffumicante e festoso, a riprendere chi era rimasto a terra, al fine, abbiamo scoperto poi, di filmare l’insolita avanzata di un convoglio che in Austria non circola più da cinquant’anni.
Al viaggio di ritorno, abbiamo rinunciato alla poltrona per vivere sulla littorina, come in un film western, il rientro alla stazione di origine, attraverso lo stesso percorso piacevole alla vista e all’olfatto che già ci aveva soddisfatto all’andata.