E’ una forma di empatia riflessa: percepisci cioè che lui vuol bene a te, non in quanto lettore, ma come essere umano.
Durante la presentazione di “Dimmi che credi al destino” in occasione del Carnevale di Putignano, non è riuscito a star seduto più di dieci minuti complessivi: voleva farsi vedere dal suo pubblico, voleva vedere il suo pubblico.
Una fila lunghissima lo attendeva per il firmacopie, ma per tutti ha avuto una parola gentile, un gesto di reale interessamento. Mi sente dire che lo seguo dai tempi di Istant Love, la sua opera prima del 2003, e subito dedica il libro che gli avevo affidato “a Benedetta, per la sua simpatia ISTANTanea“.
Si fa un vanto di aver espulso dai suoi romanzi il dolore gratuito, spettacolarizzato. “Io che amo solo te“, il fortunatissimo romanzo incentrato su un matrimonio in Puglia (argomento su cui, complice anche l’abile presentatore Pinuccio, si dipana un divertissement degno di Zelig), avrebbe dovuto intitolarsi “Nella gioia e nel dolore“, ma, dopo un triste periodo della sua vita in cui è stato costretto a frequentare ospedali con una persona a lui molto cara, ha cambiato il titolo per cancellare il dolore almeno dove era in suo potere.
Anche in questo, Luca Bianchini non segue le mode. Le librerie pullulano di romanzo tristissimi che parlano di suicidi e malattie? E lui scrive romanzi leggeri e frizzanti che sono un inno alla gioia di vivere. Lo young adult è il genere che tira di più? e lui si diverte a raccontare di donne che hanno superato la cinquantina e vivono, secondo lui, quell’età meravigliosa in cui le sorprese della vita diventano più gradite perché più inaspettate.
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