La sua saggezza da vecchia zitella inglese di inizio Novecento, raccontata con brillante e scanzonata ironia da Winifred Watson in Un giorno di gloria per Miss Pettigrew, basta per renderla amabile.
Un sorriso sincero mi ha accompagnato in ogni istante di lettura: vezzi e vizi del mondo old style sono ricamati in punta di penna e i personaggi, scanzonati o tormentati, futili o profondi che siano, si tatuano nel cuore e si candidano ad occupare i primi posti in una ideale classifica dei miei inglesi di carta preferiti.
Il libro è deliziosamente pervaso di un’immoralità gioiosa e addirittura ingenua da cui sembra venir contagiata anche l’austera Miss Pettigrew, che deve ammettere con se stessa di non aver mai ceduto a nessuna tentazione, fino ad allora, perché nessuno l’aveva mai tentata: “non poteva negare che la via della perdizione, condannata da genitori e principi morali, era molto più piacevole del solitario sentiero della virtù“.
Prendiamo ad esempio una comparsa in questo rutilante gioco delle parti: “Il viso di Angela era un’incantevole maschera senza epressione, perfetta in ogni particolare ma senza un minimo di vita a renderla attraente”.
Gli uomini del romanzo parodiano tutti l’ideale di “bello e tenebroso” che furoreggiava allora nei romanzi di appendice e, in un’inversione di ruoli che sa di femminismo ante litteram, diventano docili marionette nelle mani di chi sa punzecchiarne orgoglio e sentimenti.
Anche se sembra scritto ieri, infatti, Un giorno di gloria per Miss Pettigrew ha quasi ottant’anni e, come il vino, invecchiando migliora. In queste fortunate riscoperte, la casa editrice Neri Pozza non è seconda a nessuna.
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