Ventinove anni e mille sogni di gloria lui.
Trent’anni, un matrimonio fallito, una caparbia volontà di goder la vita lei.
Due cuori ardenti e arditi che per capanna non vollero un’alcova qualsiasi, ma un angolo di Paradiso.
Sono passati centoquattordici anni dall’ultima volta in cui Gabriele D’Annunzio ed Elvira Leoni, Barbarella, si sono scambiati abbracci roventi e infuocate dichiarazioni d’amore davanti all’Adriatico selvaggio, centoquattordici anni da quando la penna funambolica del Vate così cristallizzò nella fantasia popolare il promontorio Marconi di San Vito Chietino, da lui ribattezzato Promontorio dei Sogni: “Quella catena di promontori e golfi lunati dava immagine d’un proseguimento d’offerte poiché ciascun seno recava un tesoro cereale. Le ginestre spandevano per tutta la costa un manto aureo. Da ogni cespo saliva una nube densa di effluvio come da un turibulo. L’aria respirata deliziava come un sorriso d’elisir“.
Si è così istituito il Parco Naturale Letterario detto Parco Eremo Dannunziano di San Vito.
Preparatevi ad una delusione.
Il buen ritiro anacoretico che ispirò a D’Annunzio Il trionfo della morte non esiste più.
Vi troverete in una strada piuttosto trafficata.
Tutti i parcheggi saranno stati probabilmente accaparrati dagli avventori del ristorante attiguo e vi troverete a salire e scendere dalla statale senza individuare subito il minuscolo Parco Eremo Dannunziano.
Non illudetevi che il pensatoio di D’Annunzio possa illuminare anche i vostri pensieri: è un eremo solo di nome, piuttosto trafficato da turisti disinteressati che altro non vedono se non lo splendido panorama a picco sul mare che, però, si può godere con estasi anche maggiore nel centro storico.
Non pensate di farne lo scenario delle vostre passeggiate: il Parco Eremo D’Annunzio è ampio solo poche decine di metri.
Non credete di documentarvi sulla biografia e sull’arte del Vate: solo pochi pannelli raccontano qualcosa dell’irriproducibile rapporto privilegiato che D’Annunzio ebbe con il Promontorio dei Sogni.
Il resto, a partire dalla bella panchina sagomata dallo scultore Vito Bucciarelli con le fattezze della nostra penisola, aggiunge ben poco alle suggestioni del luogo.
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