Pettorano sul Gizio (AQ) e il suo castello

Pettorano sul Gizio era l’ultima frontiera.
Poi la via napoleonica, impennandosi, si torceva in mille curve e i viaggiatori che da Firenze erano diretti a Napoli, in procinto di affrontare le intemperie dell’Altopiano delle Cinque Miglia, facevano testamento.
Così Pettorano pullulava di notai, di locandieri, di fabbri, in una parola, di soldi.
La bellezza di Pettorano non è circoscritta agli edifici nati per stupire, che pure sono numerosi e ben restaurati, ma si estende ai singoli portali in pietra, ai balconi fioriti, ai vicoletti ben tenuti.
Sulla sommità del paese svetta il castello Cantelmo, reso oggi visitabile grazie alle comode scalinate che in parte sostituiscono quelle alte e lise del passato.
Così è semplice raggiungere il piano nobile, che ospita un’esposizione, a mio avviso assai pregevole, di modelli in scala degli altri castelli d’Abruzzo .

Per godere del panorama a tutto tondo sulla Riserva Naturale del monte Genzana non serve neppure issarsi per la scala a chiocciola d’accesso alla torre. La passeggiata sulle mura è piacevole, di facile accesso e di eguale fascino.
Fuori dal castello, passate pure per lo strettissimo vicoletto che vi stringerà fra le sue mura e un’abitazione privata: la strada si allargherà di lì a breve e prenderete alle spalle la porta di San Marco, sormontata dalla statua di Sant’Antonio. Meglio tenerseli buoni entrambi!
La chiesa principale, ipnotica fontana compresa, si affaccia su un magnifico belvedere e non è priva di altri meriti. Io la amo particolarmente perché lì si è sposata la mia amica Lucia.
Già, per me Pettorano è sempre stato il paese di Lucia e Filomena, le amiche della primissima infanzia.
Solo un pianerottolo separava le nostre case.
Eravamo simbiotiche.
Per questo ho sempre pensato di conoscere a fondo Pettorano, pur non avendolo frequentato mai.
Così la bellezza del centro mi ha lasciato stupefatta.
Il cortile rinascimentale del palazzo ducale è una piazzetta a tutti gli effetti, colorata dalla natura e dall’arte, aperta com’è da un lato su un panorama mozzafiato e chiusa dall’altro da un ricamo fatto di scalette, finestre e persino di una meridiana che prevede solo cinque ore di sole.
Un’altra fontana monumentale si scorge attraverso le due porte d’accesso e, a dirla tutta, le delizie del bar di Cristina e del ristorante Il Torchio che lì si affacciano aggiungono anche il gusto ai sensi in tripudio.
Ed ancora, scendendo nel costone di montagna occupato tutto dal paese, c’è un fiorire di edifici bellissimi.
Che dire della Castaldina e della sua facciata barocca?

La Castaldina a Pettorano sul Gizio

E fra quale delle tante porte chiuse è custodito l’unico frammento occidentale dell’Edictum de Pretiis di Diocleziano?
Se non fosse stato per il giroborghi organizzato dai Borghi d’Abruzzo avrei continuato ad ignorare l’incredibile bellezza di un borgo che, se sorgesse in Toscana, brulicherebbe di turisti e di vita.

Mi congedo con la poesia appassionata che Vittorio Monaco, grandissimo poeta di Pettorano, ha dedicato al suo paese:

Paese mia conchiglia
Mia riserva sognante
Mia aria di famiglia
Mia pastura di ghiande

Mio guscio, mio uovo,
mia chiusa amara mandorla
mia bussola, mio bandolo
mio cammino a ritroso
nel mondo troppo grande

mia radice, mio frutto
mio dove dappertutto
alveare del cuore
dove invecchia e non muore
l’ape dei ricordi
che stilla miele e morde.

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Pubblicato da Benedetta Colella

Sono Benedetta, quarantenne aquilana innamorata del mondo. Per contatti e collaborazioni, potete scrivermi a benedettacolella(at)gmail.com