Non resterà soddisfatto esclusivamente chi cerca ispirazioni per il proprio presepe domestico o chi ama in ogni stagione l’umiltà dell’arte presepiale, l’unica che davvero democraticamente irradia artisti e artigiani, adulti e bambini, ricchi e poveri, ognuno alla ricerca del dettaglio che fa la differenza.
Il museo del presepio di Atessa, infatti, è esso stesso un presepio: le sale della mostra paiono sentierini fra immagini, i visitatori deliziati sembrano tutti pastorelli ammaliati davanti alle centinaia di stelle comete che brillano da ogni lato.
A volte sono i giochi di luce a colpire, come accade, per esempio, nel grande, particolareggiatissimo presepe ambientato nella Palestina di allora, con tanto di accampamento romano e di costumi d’epoca.
L’eccezionale biografia del Salvatore è riprodotta quadro dopo quadro dalla nascita fino al drammatico epilogo: fra tante culle, fa male veder svettare tre croci.
La Natività, però, è un evento che travalica tempi e continenti: un altro presepe, in più quadri, riproduce alla perfezione i vicoli e le chiese di Atessa, anticata, ma neppure troppo, e pronta ad accogliere fra i suoi palazzi il Bambin Gesù.
Al Museo del Presepio di Atessa la fantasia si sbriglia.
Qualunque contenitore, qualsivolgia materiale può essere piegato alle esigenze della Natività.
Ci siamo trovati, deliziati, ad ammirare presepi composti dentro una televisione o su uno specchio, appena ombreggiati con tappi di sughero o minuziosamente definiti, giganteschi o lillipuziani.
Per atmosfera, qualità e originalità delle opere esposte, il Museo del presepio di Atessa non teme confronti, eppure, se il buon Raffaele Di Loreto non avesse organizzato lì il primo giroborghi dello scorso anno, avremmo continuato imperterriti ad affrontare i rischi e lo stress di una trasferta a Napoli, a San Gregorio Armeno, senza sapere che il nostro Abruzzo avrebbe potuto offrirci le stesse emozioni con un confort maggiore.
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