Sono uomini e donne che si riaffacciano alla vita un po’ impauriti e un po’ fiduciosi, dopo la notte, dopo l’infamia, dopo la depressione; sono loro i rapidi entusiasmi e le sùbite disillusioni dei bambini e dei folli.
L’agente Aragona, che gioca a fare il poliziotto da film, con i suoi occhialoni e i suoi miti hollywoodiani non è più indifeso del piccolo William, che gli ha chiesto aiuto.
La piccola Giorgia, che lotta fra la vita e la morte, non ci commuove più di Romano, che in lei vede la figlia che non ha avuto, la redenzione da ogni sua colpa.
L’Amore che si fa violenza e sopraffazione, nell’ottica straniante dell’assassino, è tema assai caro a De Giovanni; Napoli che, sullo sfondo, palpita e cresce è città d’amore e quindi patria privilegiata in Cuccioli per i Bastardi di Pizzofalcone.
Lojacono, che è siciliano, non sempre decritta bene le dinamiche di quartiere; per questo si fa sopraffare dalla folla di condomini che gli muove addosso per proteggere il mariuolo di turno in un quartiere dove il vero nemico è lo Stato. Non sempre, però, l’abominio rimane circoscritto nelle periferie, perché l’animo umano non cambia al cambiare del conto in banca.
E alla fine di tutto ci si ritrova sempre alla domenica sera, quando la settimana lavorativa incombente si apre come un baratro e non sempre i ricordi del dì di festa aiutano ad affrontarlo. Lojacono, il mio caro Lojacono, sarà di nuovo di fronte a un bivio che credeva già varcato. Speriamo che stavolta devii verso la luce.
Cuccioli per i Bastardi di Pizzofalcone è un romanzo gradevole, leggermente sottotono rispetto alle vette a cui Maurizio De Giovanni ci ha abituato e tuttavia necessario, perché nella coralità dell’azione nessuno giganteggia solo quando sono alti tutti.
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