Potrei spiegar loro facilmente le cause: piedi e ginocchia non reggono l’impatto.
Vicopisano non fa nessuna concessione alla modernità, se non un prezioso sistema di illuminazione color seppia che potenzia l’idea di trovarsi in un’altra epoca.
Non si capisce cosa siano le salite ripide fino a quando non si cerca di aver la meglio sugli alti gradini sconnessi e in pendenza che collegano a raggiera le mura con la fortificazione centrale.
E quando si arriva ansimanti alla meta, trovare chiusa la rocca centrale è beffa non da poco.
Conviene forse fermarsi alla periferia, nella villa comunale appena fuori le mura, e godere solo a distanza di quell‘insieme di mura e torri che suscita ammirazione e timore reverenziale già nei turisti, figurarsi nei nemici del passato.
La torre delle quattro porte, attraversata dalla principale via d’accesso al borgo, è un capolavoro di pieni e vuoti che incoraggia alla salita.
Si ha modo, così, di ammirare la bellezza delle antiche case restaurate, con i loro bei giardini curati, e di chiedersi come ci si sentirebbe a vivere nell’ultimo baluardo del periodo comunale.
Non saprò mai la risposta: Vicopisano mi ha affascinato moltissimo, ma non ci vivrei mai.
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