Lo spettro del vecchio locale ora inagibile ispira, per reazione, la voglia di vivere alla giornata, godendo dei piaceri della tavola e dell’amicizia.
Quel prato curato, ma non troppo, antistante il locale in legno post terremoto, country chic ma non troppo, quel parcheggio ampio, ma non troppo, invitano a conviviali formali, ma non troppo.
Stavolta, però, sono andata da sola, a pranzo. Amo, ogni tanto, concedermi il lusso di banchettare senza obbligo di conversazione.
Il tempo, sempre tiranno, mi ha impedito di godere del famoso antipasto di Villa Feronia: tuttavia, come benvenuto mi è stata comunque presentata una squisita focaccina calda che ben avrebbe accompagnato qualche prelibato salume. La prossima volta non me lo farò mancare.
Ho scelto pappardelle con porcini e tartufo e ho apprezzato molto la consistenza generosa delle scaglie di oro nero generosamente distribuite sulla pasta, appena ammassata e spessa il giusto.
Per dolce, ho scelto un abruzzesissimo parrozzo contaminato con gelato alla vaniglia ricoperto da cioccolato al latte.
Non mi ha convinto del tutto il contrasto netto fra il sapore duro e amarognolo della base e la dolcezza standard del dessert.
L’intero pranzo (1 primo, 1 dolce e una caraffa d’acqua) è costato quindici euro: costoso, ma non troppo.
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